UMBERTO MILANI: LE METAMORFOSI DELLA SCULTURA ALLA CASA MUSEO BOSCHI DI STEFANO

Umberto Milani, Composizione n. 3, 1964, Museo del Novecento, fonte: press kit uf stampa, Casa Museo Boschi Di Stefano, immagine inserita al solo scopo di presentare la mostra

MILANO. Casa Museo Boschi Di Stefano, Scuola di ceramica propone, fino al 26 febbraio, una mostra che vuole essere un omaggio a Umberto Milani nel centodecimo anniversario della sua nascita.
L’artista nasce a Milano nel 1912 e inizia a dipingere sotto la guida del fratello maggiore
Franco, restauratore. Frequenta la Scuola Superiore d’Arte Applicata all’Industria del
Castello Sforzesco e, saltuariamente, la Scuola del Marmo di Adolfo Wildt all’Accademia di
Brera.
Nel dopoguerra partecipa al fervore culturale milanese, distinguendosi per un originale
linguaggio pittorico e scultoreo che lo porta a collaborare con gli architetti Luciano
Baldessari, Vittoriano Viganò, Carlo De Carli e Marco Zanuso.
Giunto all’apice della carriera, muore nel gennaio 1969 a soli cinquantasei anni a causa di
una polmonite.
Nel 1947 Antonio Boschi e Marieda Di Stefano acquistano dall’artista quattro sculture in
gesso: Figura con gatto, esposta nella prima sala della mostra, e altre tre figure femminili
visibili al secondo piano nel percorso di Casa Museo Boschi Di Stefano.
La mostra si focalizza proprio sugli anni Quaranta, nella fase di passaggio dai modi
realistici degli esordi alla successiva strutturazione neocubista e costruttivista,
presentando poi una sintesi della ricerca di Milani nei due decenni successivi.

ESORDI E MATURAZIONE
TRA LIRISMO ED ESPRESSIVITÀ
Il percorso inizia da un nucleo di targhe e medaglie di tema sacro e allegorico, dove
affiorano echi della cultura déco, arcaica e novecentista. Risolti i debiti verso la scultura di
Medardo Rosso e Arturo Martini, Milani approda a una personale modellazione fluida,
evidente nel gesso Concerto del 1943 e nello studio a china sul tema della suonatrice di
fisarmonica, dove però il profilo continuo viene a tratti replicato e interrotto. La
deformazione e lo sdoppiamento delle immagini anticipano la svolta espressionistica della
scultura Bagnante (Angoscia) del 1944, dall’anatomia compressa e ingigantita. Il processo
di semplificazione accomuna i due nudi del Gabinetto dei Disegni e il gesso Figura con
gatto esposto, insieme a quello di Serenata, alla prima personale alla Galleria Il Milione nel
gennaio 1946, segnando l’accostamento di Milani al linguaggio postcubista.

GLI ANNI QUARANTA
DALLA FASE POSTCUBISTA ALLA FASE COSTRUTTIVISTA
Fin dal 1945 Milani si accosta alla grammatica postcubista e costruisce la figura
sovrapponendo al blocco di materia unitario elementi stilizzati che ne aiutano
l’individuazione, anche se all’epoca la critica giudicò quel linguaggio incomprensibile.
Serenata, di ascendenza cubista anche nel soggetto, è qui accompagnata da una
sequenza di studi a matita in cui la figura che suona è fortemente abbreviata, scomposta e
ricomposta secondo la medesima sintassi, assecondando un processo che viene spinto ai
limiti nel gesso Donna al sole e, sulla tavolozza, nelle tre tempere del 1947-1948. Esito
finale di questa indagine sono, a fine decennio, le forme astratte e fortemente
geometrizzate di Composizione, dove la materia è sagomata più che modellata. È la breve
fase costruttivista di Milani, che ha una prima visibilità alla Biennale di Venezia del 1950.

GLI ANNI CINQUANTA
LA SCULTURA PARIETALE
La più tipica ricerca di Milani nel cuore degli anni Cinquanta, esemplare anche rispetto alla
scena informale di quegli anni, si articola in varie serie di pannelli – Ritorni plastici, Modi,
Lesene, Plastiche parietali – spesso realizzati in gesso, cemento e sabbia, e quindi in
bronzo.
Alle tracce di un gesto irruente e grossolano subentrano, gradualmente, i più sottili
percorsi del segno emergenti da una na materia scabra e granulosa, come è evidente in
Scultura parietale.
Il linguaggio delle composizioni astratte parietali è adoperato anche per il tema sacro,
importantissimo per Milani che, alla Biennale di Venezia del 1958 invia un imponente
Cristo parietale. Lo Studio della Pietà si riferisce alla scultura che Milani volle collocata
sulla sua sepoltura.
Il bronzo Forma nera, del 1958-1959, con i suoi contorni irregolari, si avvicina a imponenti
sculture coeve nelle quali si compie il ritorno alla terza dimensione.
GLI ANNI SESSANTA
LA SPERIMENTAZIONE MATERICA
Anche nella prima metà degli anni Sessanta, mentre maturano le tendenze poveriste e
concettuali, la pittura e la scultura di Milani adottano processi simili, con accostamenti
paratattici di piani di colore o di piani plastici. Nelle grandi “composizioni” dipinte, ampie
pennellate e campiture dialogano con segni incisi e frequenti inserti a collage,
sapientemente amalgamati con il colore a olio. Nel bronzo Bifrontale del 1965 è evidente
come l’artista, rispetto alla scultura parietale del decennio precedente, sia ora interessato

a un’indagine sul valore costruttivo del vuoto e agli effetti cromatici generati dall’utilizzo del
cartone ondulato come matrice per la fusione in bronzo. Il percorso termina con Dopo la
rovina del 1966, in cui Milani congegna un teatro disarticolato, un palcoscenico precario
dove ambientare il dramma dell’umanità.

FONTE. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento: press kit Ufficio stampa Casa Museo Boschi Di Stefan