
FORLI’ Nella metà del XIX secolo, più precisamente nel 1848, proprio nel momento in cui in Italia scoppiavano le guerre di Indipendenza, in Inghilterra si stavano preparano le fondamenta di quella che sarebbe stata la prima esposizione internazionale del 1861.
Da una parte disordine e guerriglia, dall’altra un antico regime che resisteva solo formalmente e che ormai era divenuto ombra di cio che fu nel passato.
Fra questi due poli sboccia un fenomeno culturale senza precedenti.
Non poteva che attecchire in un contesto fortemente legato alla tradizione naturalista e intimamente conservatore come quello inglese, un sussulto verso l’arte più genuina, ammantata di uno spirito a meta strada fra epico e romantico e conservante una porzione di fascino perché avvolta da misticismo religioso da una parte e mistero pagano da un’altra.
I Preraffaelliti (ricordati con una mostra al San Domenico di Forì fino al 30 giugno, orari da lunedì a venerdì: 9.30-19.00 sabato, domenica, giorni festivi: 9.30-20.0) hanno incarnato un’esperienza artistica sostanzialmente unica e isolata di autori che, mentre inquietanti sorgevano le ciminiere di Calbrookdale immortalate nelle incisioni vicine ai modi di Callot, diedero vita, per la prima volta dopo l’epoca dell’umanesimo italiano, a capolavori immortali permeati di forte esistenzialismo.
Immagini che guardano a un passato glorioso in cui le virtù umane toccarono i livelli più alti, e non è mistero che tanto devono, gli inglesi, all’ispirazione italiana.
Il contesto più allargato è certamente il sentimento strisciante del Simbolismo, che anche in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento deve l’interesse dei suoi esponenti nel guardare all’arte tardogotica e dei decenni che precedevano l’ascesa dell’astro nascente di Raffaello più in generale.
L’urbinate è visto dai Preraffaelliti come colui che aveva rovinato l’arte prediligendo l’idealizzazione alla realtà, sostituendo la bellezza alla spontaneità della Natura, ravvisando in questo aspetto un parallelo filosofico a distanza nel tempo, con i pensatori naturalisti / pluralisti e quelli post socratici.
L’arte dei Preraffaelliti ospitata nel complesso di San Domenico, con la cura congiunta di studiosi italiani e inglesi, che è possibile apprezzare in un numero di opere insolitamente elevato, si configura come un tentativo di recuperare le forme più pure ed arcaiche del mondo della Natura, e soprattutto dei suoi lati non conosciuti, che la nascente scienza moderna aveva l’arroganza di voler asservire ai propri scopi.
Ne risulta cosi un progetto artistico e della vita stessa, avvolte in un’atmosfera sentimentale e nostalgica che inscrive pienamente il movimento nel modus del decadentismo tipico della cultura ottocentesca, in cui le parole di autori come Oscar Wilde, Giovanni Berchet, Poe e altri e le sinuosità del decorativismo Liberty trovano un dialogo di portata “europea” e in questo senso affine più che mai al clima del simbolismo.
Aspetti come il lavoro, il gusto estetico, la rivalutazione del lavoro artigianale, l’unicità dell’oggetto d’arte e della preziosità delle stoffe sono il substrato che motiva la nascita delle botteghe di “arti e mestieri” contrapposte alla montante industrializzazione.
A questo tema è dedicata un’ampia sezione anche di oggettistica nata con questi intenti.
Il mondo evocato dalla visione preraffaellita è in qualche modo rifiuto anche dell’indotto del nascere delle città, ossia degrado, alcolismo, prostituzione, sradicamento della civiltà contadina e artigianale in luogo di un livellamento generale verso il basso della qualità di vita, dei valori e dei rapporti umani, non solo dei prodotti che la società produce.
La mostra offre una panoramica difficilmente replicabile di questo particolare momento culturale e artistico, il cui il tono fiabesco di ispirazione parzialmente dantesca, ma sicuramente stilnovistica.
Il contesto si fonde in modo pregnante, con le tematiche sociali contemporanee e l’attenzione al paesaggio subisce gli influssi naturalistici di Corot per le ambientazioni, nonché dei romantici europei più in generale per il clima soffuso e intimista.
In tutto questo poi si inseriscono le nuove scoperte scientifiche e i nuovi assetti politici scaturiti dalle estenuanti guerre di successione, restaurazione un po in tutta l’area centro europea.
Un clima di precarietà di vita e valori che mina costantemente le certezze, condannando l’uomo a vivere quel senso di smarrimento e perdizione che lo porta a guardare ad un passato mitico e sognante che ispira alcuni dei maggiori capolavori divenuti stella polare sotto molti aspetti.
Quella che va in scena San Domenico è anche una prova di raggiunta padronanza di mezzi espressivi e perizia tecnica resa evidente da svariati esempi di mano ad esempio di Millais, william Hunt, ma non solo: l’iperrealismo sorprendentemente fiabesco dei paesaggi di Brett, cosi come ulteriore supporto di altri artisti di medesima sensibilità, pur non inseriti ufficialmente nel gruppo, mostra la via indicata e i mezzi scelti per perseguirla. Narrazione di una storia di realismo, che rifiuta l’idealizzazione ma anche la mera aderenza al fenomeno contingente il tempo, perche qui, in questo contesto non vi è tempo che possa irregimentarne i valori; di amore libero mascherato da amor cortese; nonché di tutto ciò che concerne lo spinoso tema, sempre attuale, di impegno sociale
LUCA NAVA