UNA BIMBA DECAPITA UN PELUCHE: L’ARTE PUÒ TURBARE?

La gigantografia di un’opera di Nicoletta Ceccoli in una via di Cremona

CREMONA. Ci sono mostre e mostre. Alcune funzionano, altre no. Altre ancora animano discussioni. Quella che è allestita in questi giorni a Cremona in 43 spazi per le affissioni pubbliche in cui sono collocate delle riproduzioni delle opere di Nicoletta Ceccoli, illustratrice di libri per i bambini e artista di caratura internazionale, rientra in questo novero. Sta infatti suscitando relazioni contrastanti e polemiche.

Se, infatti, la maggior parte dei lavori dell’artista generano meraviglia per lo straordinario talento dell’autrice, dall’altra alcune immagini stanno suscitano persino indignazione, con alcune forze politiche all’attacco, soprattutto perché l’esposizione pubblica, organizzata dall’associazione culturale Tapirulan nell’ambito della rassegna “Affiche”, vanta la collaborazione dell’amministrazione comunale che, come si diceva, ha messo a disposizione gli spazi per affiggere le gigantografie.

Due, in particolare, stanno scaldando gli animi: quelle in cui si osserva una bambina dallo sguardo angelico mentre ha appena sgozzato dei conigli di peluche. In particolare c’è chi teme per i piccoli, che potrebbero essere – a loro dire – turbati da queste immagini.

Dunque, se da una parte le uccisioni sono sempre state presenti nel mondo della letteratura dei minori, basta ricordare, a titolo esemplificativo, la favola di Cappuccetto Rosso in cui, come è noto, il lupo si mangia sia la nonna che la dolce nipotina, la questione è se le immagini che afferiscono alla morte possano turbare, specialmente i minori.

Davide con la testa di Golia, Salomè con la testa del Battista, Giuditta e Oloferne sono alcuni dei soggetti, svolti anche da maestri del calibro di Caravaggio ed Artemisia Gentileschi, che propongono uno svolgimento che prevede, sottende o segue una decapitazione. Quindi uno “sgozzamento” simile a quello proposto nell’illustrazione della Ceccoli.

Dunque è il medium che fa la differenza? Cioè lo scritto è meno efficace, meno ficcante rispetto all’immagine? Ne dubito. Forse la questione va posta diversamente. Ovvero forse occorrerebbe una mediazione fra l’immagine e il suo significato. Anche quando esso è particolarmente toccante.

AUTORE: SIMONE FAPPANNI, RIPRODUZIONE DEL TESTO RISERVATA