VITERBO. Emanuela Artemi è una giovane studiosa di Viterbo, diplomata al Liceo Artistico ‘U. Midossi’ di Vignanello e laureata con lode all’ABAV Accademia di Belle Arti ‘Lorenzo da Viterbo’ in Pittura. Ha partecipato alla XXIV edizione del “Premio Internazionale di Scultura Edgardo Mannucci” organizzato da ‘Altavallesina- Grottesfrasassi Rotary Club’ ad Arcevia. Ha conseguito uno stage presso il “Laboratorio di Ceramica Studio d’Arte e Restauro” a Viterbo. Artemi ci parla, in questa intervista, del suo lavoro di tesi, dedicata al maestro Alfonso Talotta.
Come è nata l’idea di dedicare la tua tesi ad Alfonso Talotta?
Inizialmente ero molto disorientata sulla scelta dell’argomento della tesi, ma dopo vari tentativi di ricerca mi sono voluta concentrare sullo studio di una figura artistica. La spinta è stata data dal desiderio di poter, non solo di approfondire la storia e il percorso evolutivo della figura artistica, ma anche dal voler acquisire quante più nozioni possibili arricchendo la mia visione dell’arte, ampliando il mio bagaglio culturale ed artistico. La ricerca puntava su un artista contemporaneo e vivente, dopo alcuni nomi ipotetici di vari personaggi mi sono accorta che la persona di cui avevo bisogno era già presente e senza dubbio era l’artista ideale per il mio studio. La scelta è ricaduta su Alfonso Talotta.
Su quali opere ti sei soffermata maggiormente?
Per la creazione del percorso creativo della tesi mi sono soffermata principalmente su due tecniche espressive utilizzate da Alfonso Talotta, ovvero Dipinti e Ceramiche. In particolare mi sono lasciata ispirare dalla sperimentazione che l’artista ha elaborato sulle forme geometriche presenti nei cicli “Forme” e “Segni”, la tecnica alternativa di ‘stampa’ utilizzata nel ciclo “Tracciati Urbani”, infine per quanto riguarda la ceramica ho analizzato i tagli e le superfici che l’artista crea sui suoi piatti.
Quali sono le affinità tra Mambor e Talotta?
Durante lo studio sullo stile, la poetica e la pittura di Alfonso Talotta, ho individuato alcuni aspetti interessanti con Renato Mambor, artista sperimentale dell’Arte Povera di fine anni ’60 del Novecento. In particolare sono tre i punti in comune che mi hanno colpito. Il primo punto sono i cicli pittorici sperimentali di Mambor realizzati da strumenti che non nascono come strumentazione pittorica ma come oggetti rivisitati, come rulli, timbri, impronte che ricordano il ciclo dei “Tracciati Urbani” di Alfonso Talotta, protagonista le tracce degli pneumatici della sua auto Citroen2CV. Gli oggetti usati da Mambor e gli pneumatici di Talotta vengono utilizzati come fossero il pennello per un pittore con lo scopo di lasciare traccia su vari supporti e/o pavimentazioni. Il secondo punto sono le installazioni documentate di Renato Mambor con le azioni documentali del lavoro sui “Tracciati Urbani” di Alfonso Talotta. Entrambi considerano questo il prodotto finale di un processo creativo significativo tanto da dover essere documentato. Il terzo ed ultimo punto sono le collaborazioni di Renato Mambor con tre personaggi del mondo artistico culturare che sono stati a contatto successivamente anche con Alfonso Talotta come critici d’arte, sono: Simonetta Lux, Filiberto Menna e Sergio Lombardo.
Come si inserisce l’artista nel panorama artistico contemporaneo?
Il suo è uno stile minimal, sintetico e geometrico, riduce tutto all’essenza e al concetto senza però tralasciare la personalità e l’espressività. C’è ordine e sapienza nelle sue linee, nelle sue forme, nei suoi sfondi pittorici. Tutto è calibrato, c’è un sereno equilibrio armonico. Non c’è soffocamento ma libertà, anche libertà di pensiero lasciando puro spazio alla fantasia. Sicuramente l’Arte Povera ha influenzato in qualche modo l’artista Talotta. È una corrente intenzionata a relazionarsi con il pubblico nella maniera più semplice attraverso materiali primari, come terra, acqua, fuoco, e materiali poveri e di riciclo, come rame, sacchi, stracci, corde, legno, plastico, ferro e scarti industriali. Si può notare come in determinate opere di Alfonso Talotta siano presenti alcuni di questi elementi. Ad esempio, come materiale povero troviamo i sacchi di yuta usati dall’artista come supporto alternativo alle solite tele, mentre come materiale di riciclo troviamo gli pneumatici che l’artista usa nel ciclo dei “Tracciati Urbani”.
Quale è stato il tuo rapporto con l’artista?
Ho avuto la fortuna di approfondire Alfonso Talotta come Persona e come Artista grazie anche alle preparazioni di entrambe le tesi, in cui nella prima egli ha ricoperto il ruolo di relatore mentre nella seconda l’ho scelto come artista di riferimento. Queste coincidenze ci hanno dato modo di consolidare il bel rapporto umano ed artistico. È un punto di riferimento e faccio tesoro di ogni consiglio ed insegnamento che mi ha offerto in modo incondizionato, sia nel quotidiano che nel mestiere. Lo ringrazio di avermi dato la possibilità di farsi raccontare da me che sono una sua studente. La sua bontà si è rivelata anche attraverso la sua piena e pronta disponibilità nel collaborare alle opere create appositamente per la tesi biennale. È un professore raro di quelli che non tralascia il rapporto umano dello studente, ma che fonda le radici su di esso e che nel corso degli anni lo matura. Fa sentire a proprio agio lo studente accompagnandolo nel suo percorso incoraggiandolo a fare il meglio.
NOTA. Foto: courtesy of Emanuela Artemi.