UNO SGUARDO SULLA VENERE DI BOTTICELLI… ALLA RICERCA DI UNA DIMENSIONE ETERNA

Sandro Botticelli, La nascita di Venere , 1485, Uffizi (Credit: immagine da Wikipedia)

FIRENZE. É considerata l’opera che più rappresenta un ambiente culturale e sociale ben definito: quello della città di Firenze alla fine del Quattrocento. Alcuni la ritengono identificativa di un’espressione estetica e astratta che porta in una dimensione eterna, ma si rifà alla condizione mitologica alla base del dipinto.

La giovane ragazza ritratta, nelle vesti della dea Venere, é Simonetta Cattaneo Della Volta di origini genovesi, nata nel 1453 da Gaspare Cattaneo Della Volta e Cattochia Spinola: é ritenuta la donna più bella dai suoi contemporanei, ma ancora oggi ha un fascino inestimabile e ineguagliabile.

La ragazza fu scelta da Sandro Botticelli come modella proprio per la sua notevole bellezza estetica, divenne la musa ispiratrice di molteplici artisti e letterati. La sua figura ispirò notevoli amori che le furono attribuiti, ma sappiamo dalle cronache ella andò sposa al banchiere Marco Vespucci nel 1469, di cui si era perdutamente innamorato anch’egli. Si narra fu amata anche da Giuliano de’ Medici, fratello minore di Lorenzo il Magnifico, che divenne capo della Repubblica Fiorentina proprio quando i due giovani sposi si trasferirono da Piombino a Firenze.

Dopo alcune feste e tornei cavallereschi, il Poliziano in “Stanze per la giostra di Giuliano de’ Medici” ricordò che Giuliano de’ Medici aveva promesso la vittoria alla giovane Simonetta. Si vociferava addirittura che ella fosse amata proprio dallo stesso Giuliano de’ Medici.
Bernardo Pulci (1432-1484) le dedicò anche l’elegia “In morte di Simonetta Cattaneo genovese”, come del resto ne dedicò una anche anche a Cosimo de’ Medici entrambe le incluse poi nell’opera “Bucoliche elegantissimamente composte” (1481).
Anche Lorenzo il Magnifico le dedicò componimenti poetici come alcuni sonetti all’interno dell’opera “Selve d’Amore”.

Ma la testimonianza più evidente della bellezza di questa giovane ragazza di cui voglio raccontare é sicuramente il dipinto “La nascita di Venere”.
Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi questo era il vero nome di Sandro Botticelli (1445-1510) fu affascinato come altri pittori, scultori, studiosi, matematici dalla “proporzione aurea”, “divina proporzione”, “rapporto aureo”, ” numero aureo” nonché “sezione aurea” che dir si voglia. Questo rapporto aureo aveva la capacità di rendere oggetti belli e armoniosi, ma in realtà è un rapporto matematico rintracciabile nella formazione naturale di ogni organismo vivente.

Egli per esempio realizzò l’opera utilizzando la figura della giovane modella e impostando il rapporto tra l’altezza da terra dell’ombelico di Venere e l’altezza totale della figura come pari ad un coefficiente numerico: 0,618.
Medesima cosa avviene analizzando per esempio il rapporto fra distanza tra il collo del femore e il ginocchio con la lunghezza della gamba stessa.
Ne emerge dunque che la proporzione aurea, che contraddistingue una certa fonte di mistero ancora oggi giorno, in realtà è legata alla figura carismatica di Fibonacci (Leonardo da Pisa, 1170-1240) autore del famosissimo “Liber Abaci” del 1202.
Questo numero é dato dal rapporto universale 1/1,618033987 che ci consente, diciamo, di apprezzare la bellezza e l’armonia delle cose esistenti in natura (es. la forma dei fiocchi di neve, ma sono solo alcune delle mille sfaccettature presenti in natura).
Questo numero irrazionale fu chiamato nel 1918 dal matematico Mark Barr con il nome della lettera greca Phi, ma fu teorizzato e studiato da Leonardus Pisanus di cui si è già riferito, e talvolta ha preso anche il nome di costante di Fidia o proporzione divina.
Abbiamo con tutta probabilità della “Nascita di Venere” quattro versioni della rappresentazione di Venere:
– “Nascita di Venere”(1482-1485, Galleria degli Uffizi, Firenze), dipinto con tecnica a tempera su tela di lino, oggetto dei nostri discorsi;
– “Venere di Torino” o “Venere Sabauda” che si trova oggi presso la Galleria Sabauda nei Musei Reali a Torino. Tale opera proviene dalla Collezione del Gualino, noto come grande collezionista biellese, che a sua volta l’acquistò dagli eredi di un barone inglese, che a sua volta aveva acquistato da un reverendo inglese nel 1844. É entrata a far parte della Galleria Sabauda nel 1930. I suoi collegamenti sono evidentemente rintracciabili ne “La nascita di Venere”dello stesso Botticelli che oggi è possibile vedere presso la Galleria degli Uffizi a Firenze. Questa Venere é stata dipinta con uno sfondo completamente nero forse a rendere maggiormente iconica la figura, sembrava volesse renderla in termini scultorei. Anche in questo caso la modella é la giovane Simonetta Cattaneo sposata con Marco Vespucci;
– un’altra Venere é conservata presso la Gemäldegalerie di Berlino, fu perciò definita Venere di Berlino: la giovane ha capelli sciolti che le scendono verso la spalla sinistra, mentre una parte é raccolta in trecce che le cadono ai lati del collo. Non indossa abiti perciò appare completamente nuda e rivela le sue rotondità che appaiono più marcate rispetto alla Venere Sabauda. Alcuni studiosi l’hanno identificata con uno studio di esecuzione per l’opera fiorentina, mentre altri la considerano un’opera della bottega del Botticelli;
– Vi é infine un’altra Venere (1496-1497) che si trova in una collezione privata a Ginevra. Per certi versi richiama la Venere pudica di Berlino, ma presenta alcune variazioni: l’iconografia é diversa dalle altre precedentemente menzionate. In primis notiamo l’acconciatura che é raccolta e le incornicia il viso, anche se alcuni ciuffi le ricadono sulle spalle e dietro alla schiena. Il seno é completamente scoperto poiché entrambe le mani sorreggono un telo trasparente, forse in pizzo, che le cinge le gambe fino ai piedi e le ricade sul lato destro. Ultima cosa da notare
osservando bene é un piccolo bouquet floreale di fiori e foglie che copre esattamente le nudità. “Erano bellissime donne” come ci riferisce il mercante fiorentino Antonio Billi (nato dopo il 1480 e vissuto nella prima metà del Cinquecento) che pare abbia scritto il “Libro di Antonio Billj” (fra il 1516 e prima del 1530) in cui accennava, mentre era ancora in vita Sandro Botticelli, che erano donne bellissime, nudi straordinari: “Più femmine ignude, belle più che alchuno altro”.
Tale libro é un prezioso resoconto sugli artisti fiorentini tra cui si annoverano lo stesso Sandro di Botticello (Botticelli)ma non solo, poiché sono menzionati tra gli altri pittori: Cimabue, Giotto, Masaccio, Masolino, Pietro del Pollaiuolo; tra architetti e scultori: Filippo di ser Brunelleschi (F.Brunelleschi), Donato detto Donatello, Luca della Robbia, Andrea del Verrocchio, Leonardo di ser Pietro da Vincj, Michelangelo Buonarrotj.
Il dipinto conservato ora presso gli Uffizi proveniva da Castello, Villa del duca Cosimo de’Medici (come ci narrava Giorgio Vasari), rappresenta al centro la giovane Venere che emerge, in piedi, dalle acque sopra un’ampia conchiglia. I venti personificati da Zefiro e Aura (sono rispettivamente un vento fresco e un vento tiepido) alla sua sinistra soffiano e le rovesciano a cascata rose recise (simboleggiano femminilità), mentre sono abbracciati l’uno all’altra e con ali spiegate.
Alla destra di Venere troviamo raffigurata l’ancella Ora della Primavera, con uno splendido abito con ricamati fiordalisi, le sta porgendo un mantello tutto riccamente e finemente decorato a ricamo floreale con primule (simbolo di rinascita, speranza di un nuovo inizio) e rametti di mirto (associato alla femminilità, a divinità femminili e come sosteneva Plinio era un simbolo di augurio di vita serena e feconda).
La pianta del mirto fu collegata, come si diceva, a divinità femminili fra cui Astarte (divinità del popolo babilonese) e Afrodite che appunto, secondo la mitologia, appena uscita dalle acque del mare si nascose e si riparò dietro ad un cespuglio di mirto coprendosi le nudità con rami di tale essenza. Simboleggia oltre a vita e amore, energia benefica e pace, ma anche spirito di rinascita: era un simbolo sacro associato a Venere.
Il paesaggio intorno é raffigurato in maniera molto particolare, si notano le increspature delle onde del mare muoversi sospinte da Zefiro, ma non é presente che un debole chiaroscuro e un flebile linearismo delle figure.
L’origine della nascita di Venere presente in questo dipinto é legata al mito delle “Metamorfosi” di Publio Ovidio Nasone, quando si narrava dell’ancella Ora che poneva il mantello alla Dea per vestirla. Siamo in pieno clima neoplatonico, attorno alla corte medicea di Lorenzo de’ Medici (detto il Magnifico) infatti molti intellettuali erano affascinati dalla corrente del Neoplatonismo.
La giovane Venere rappresenta la celebrazione della nascita di nuova umanità, la dea é nuda ma la sua nudità ha un valore estetico e astratto. Lo storico Gombrich nel 1945 aveva identificato la nascita della Humanitas, generata dalla Natura attraverso i suoi quattro elementi, dopo l’unione della materia con lo spirito.
Ma non finisce qui: su questo straordinario dipinto non si finisce mai di scoprire e studiare curiosità. Possiamo ricordare che qualche anno fa é stato ipotizzato da Davide Lazzeri (un medico chirurgo e studioso da molti anni della medicina nell’arte), sulla base di quanto già scritto e studiato nel 2009 da Blech e Doliner, a proposito de “La Primavera” di Botticelli, che il mantello dipinto nel quadro rappresentasse un polmone nascosto. Lo studio di Lazzeri é stato pubblicato sulla rivista “Acta Biomedica” rende più comprensibili le sue ipotesi.
Nella filosofia neoplatonica, molto diffusa nelle corti rinascimentali, tra cui quella fiorentina, il polmone simboleggiava il soffio della vita, il respiro divino e perciò il ciclo della vita. La forma, i dettagli anatomici e addirittura il colore rosa scuro riemergeva nel mantello, facendolo rassomigliare al parenchima polmonare. Anche nel drappeggio dello stesso mantello, visibile sotto il braccio della dea Flora, é stato identificato un particolare singolare: l’ilo polmonare, cioè quell’incavo da cui passano bronchi, arterie e vene polmonari. Si é anche ipotizzato che questo inserimento del polmone nascosto voglia alludere alla morte della giovane Simonetta Cattaneo Vespucci:  morì prematuramente a causa della tubercolosi. Il dipinto può essere considerato anche una sorta di omaggio postumo alla sua bellezza dopo la sua morte che risale al 1476, cioè qualche anno prima della realizzazione del dipinto.

AUTRICE: BENEDETTA BOTTI (Riproduzione del testo riservata)

NOTA Immagine, credit: Wikipedia