
CREMONA. Oggi, 27 gennaio, è il Giorno della Memoria. Sarò presente a Cremona, nelle sale di Palazzo Duemiglia, per condurre i visitatori nelle sale di Largo Madre Agata Carelli 4 nella visita alle tre mostre allestite fino al 4 febbraio: la rassegna “Punti di luce. Essere donna nella Shoah”, “Immagini per la Shoah”, con dipinti di pittori contemporanei”, e “Fotografie di Dachau” di Elena Saliani (tutte le informazioni sono presenti a questo link https://t.ly/yheO)
Sarà anche l’occasione per presentare il mio volume “Le sillabe della Shoah” con copertina di Alberto Besson, libro che inizia con una provocazione:
«Dobbiamo per forza studiare la Shoah?».
Una domanda a bruciapelo, all’apparenza impertinente, quella di uno studente durante un incontro nel quale, come spesso mi capita, sono invitato a parlare di questo delicato argomento.
Un quesito formulato con quella non troppo celata indolenza dovuta al fastidio di dover affrontare un nuovo argomento per timore che sia noioso o difficile, con quel per forza detto a mezza voce nella speranza che si possa lasciare perdere, accantonare, passare a qualcosa ritenuto più stimolante.
E allora come rispondere all’impertinenza di un ragazzino che forse nemmeno si rende conto di ciò che sta chiedendo? Una risposta da dare senza avere il tempo di pensarci troppo anche perché, si sa, i giovani non hanno tempo di aspettare; anzi, in generale – fatte le debite eccezioni – non hanno mai tempo per gli adulti. O ne hanno troppo poco.

Loro, i ragazzi digitali, non vogliono risposte qualunque, le vogliono chiare, le vogliono velocemente, pena perdere l’attimo per colpirli direttamente al cuore, per andare a segno con qualcosa di spiazzante, così travolgente da renderli talvolta i paladini più intransigenti di un’idea, qualunque essa sia, giusta o sbagliata. A loro la scelta. A noi adulti il compito di offrire possibilità
Perché a noi insegnanti, che in fondo tocca anche un po’ il ruolo di educatori e non solo di formatori, spetta proprio fare questo.
Impossibile chiedere aiuto davanti a una domanda del genere? Fossimo in un telequiz non ci sarebbe neppure da chiederlo. Ma siamo a scuola e l’aiutino da casa non esiste. Esiste solo nei telequiz.
Ma qualche volta è ammesso, seppure in forma un po’ dissimile. Infatti, per rispondere a quella domanda, fortuna ha voluto che la pagina della vecchia antologia che stavo consultando per tutt’altro argomento, fosse aperta su una illuminante frase di Primo Levi. Questa: «l’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria».

Letta ad alta voce doveva zittire, nel mio intento, l’impetuoso ragazzino. Invece ha sortito l’effetto opposto, ricevendo per risposta un’accusa molto, molto grave: «ma non dovevamo lasciare da parte ogni forma di demagogia?».
Osservazione, questa, che anziché impedire una mia eventuale replica ha scatenato un’accesa discussione in classe. E, in fondo, era proprio lo scopo per il quale ho citato Levi.
La bagarre in aula, se possiamo definirla così, si è infuocata quando i ragazzi hanno iniziato a lanciarsi invettive degne di un dibattito politico, soprattutto sul significato della parola Shoah, di Olocausto e di altri termini il cui significato non deve assolutamente perdersi.
Dopo una buona mezz’ora in cui si sono affettuosamente “scontrati” a parole mentre io mi sono ben guardato dallo svolgere il ruolo di moderatore, approfittando di un improvviso attimo di silenzio, ho preso l’occasione al volo per trarre una conclusione perentoria: «da tutto ciò che state dicendo discende la risposta alla domanda iniziale del vostro compagno: «Sì, dobbiamo per forza studiare la Shoah».
“Le Sillabe della Shoah” è dunque il libro che propone il resoconto di alcune delle argomentazioni che ho cercato di svolgere durante i momenti di formazione e le conferenze svolte su questa tematica, senza avere certo la presunzione di essere esaustivo ma cercando, più modestamente, di offrire alcune “piste di analisi” per tentare di affrontare un argomento quello dell’eccidio in Europa durante la seconda guerra mondiale, che deve essere sempre ben vivo nella memoria personale e collettiva affinché queste atrocità non vengano più commesse.
Si potrebbe obiettare che, spesso, la storia non insegna nulla agli uomini, che ripetono tali e quali gli errori e gli orrori del passato, ma se c’è una speranza che quei fatti non si ripetano, essa risiede, a mio avviso, nel tenere vivo il ricordo di chi ha perso la vita in maniera tragica e di coloro che hanno salvato centinaia di persone mettendo a repentaglio la propria.
AUTORE: SIMONE FAPPANNI (riproduzione del testo riservata).
Per info sul volume “Le sillabe della Shoah”, scrivere una mail a fappanni71@gmail.com Il libro è corredato dalla riproduzione a colori dei dipinti di Loredana Fantato, Ivo Compagnoni, Emanuela Artemi, Alberto Besson, Anna Semeraro, Laura Pozzi, Isabella Ditaranto, Adriano Bruneri, Anna Paola Cozza, Maria Angela Fiorasi, Giulia Troise, Nicoletta Gentili, Nicoletta Reinach Astori, Maria Camilla Rita Rap, Maria Rosa Antolini, Massimo Tosi, Riccardo Bozuffi, Elisa Migliaccio, Mariangela Milan, Tersa Dal Dosso, Maria Grazia Cimardi Ennio Sartori.
