VIGEVANO. Se esiste un luogo che raccoglie in un’area ristretta elementi di armonia proto rinascimentale e altri di principi di equilibrio naturale, rintracciabili tramite un’indotta percezione interna ben esemplare e oggettivata degli scritti ad esempio di Olimpiodoro e l’omologazione più tardi di Paracelso, questo luogo è Il Castello Sforzesco entro il complesso di edifici e della piazza della città di Vigevano.
In stile gotico e di fondazione alto medievale, edificato in classico stile laterizio padano, il castello con il suo perimetro, si estende su un’area di oltre due ettari, nel punto più alto della città.
Gli ambienti del castello si estendono per 5 piani a cui sono dedicate altrettante destinazioni d’uso fra cui la Pinacoteca Casimiro Ottone, il Museo Archeologico Nazionale della Lomellina e il Museo internazionale della calzatura Pietro Bertolini.
Non sempre capita che la storia di un complesso d’alta epoca si trovi a collimare con quella del luogo come accadde qui a Vigevano, dove per alcuni secoli si realizzò una sintesi architettonica con quella del borgo di Vigevano, chiamato anticamente “Vicogebuin”.
Fino alla metà del Quattrocento infatti l’area del promontorio, racchiusa dagli edifici che compongono l’attuale castello, era il sito dove sorgevano le case dell’antico borgo con il primo palazzo comunale e le primitive chiese.
Il borgo antico era circondato, come accade spesso in origine, da un rudimentale impianto di difesa in terra e legno, sostituito poi da una muraglia, aveva sul lato est un castello a pianta quadrata, costituito inizialmente da una struttura in legno, (crf. A. Settia, E Percivaldi) sostituita prima del X secolo da muri in mattoni e separato dall’abitato da uno o piu fossati.
Una struttura cosi pensata, all’inizio svolse le funzioni di ricovero di foraggi e animali in attesa dell’annuale maggese e di supporto in caso di estrema difesa in momenti di pericolo.
Tuttavia, con il passare del tempo e con i continui aggiustamenti e trasformazioni tecniche e delle strategie di assedio ( invenzione della polvere da sparo) divenne, tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, dimora signorile dei Visconti e, in questo passaggio, contaminando la planimetrie che dall’area delle case dell’antico borgo, ricavarono spazio iniziandone la demolizione.
Operazioni queste proseguite e conclusi dagli Sforza nella seconda metà del XV secolo, quando l’avancorpo del castello, ulteriormente ampliato e abbellito, divenne un palazzo ducale circondato da scuderie prestigiose di cavalli provenienti dagli allevamenti Gonzagheschi.
Luchino Visconti, podestà di Vigevano nel 1319 e nel 1337, inserisce il villaggio nel suo piano di dominio territoriale, decidendo di farne una roccaforte difensiva inserita nello scacchiere territoriale dei castelli posti lungo l’Adda e il Ticino a difesa dello stato visconteo. In quest’ottica, nel 1341, realizza una rocca di difesa (in origine detta inferiore, prende l’attuale nome di rocca vecchia in contrapposizione alla rocca nuova edificata alla fine del XV sec.), posta ad una certa distanza dal castello, sul limite est del borgo che si stava ormai allargando fuori dal perimetro originale. Nel contempo inizia l’opera di trasformazione del vecchio castello in nuovo fortilizio sede e dimora ducale, edificio che nella nuova conformazione si presenta con pianta quadrangolare formata da muri merlati con tre corpi di fabbrica, torri agli angoli e una torre d’ingresso al centro della cortina anteriore. I lavori di ampliamento ed abbellimento del maschio proseguono per tutto il dominio visconteo.
Nel 1447, alla fine del dominio visconteo, la stessa popolazione di Vigevano, conquista la libertà comunale e distrugge la rocca esterna. Libertà che finisce già nel 1449, quando Vigevano viene cinta d’assedio da Bartolomeo Colleoni e Francesco I Sforza, marito di Bianca Maria figlia di Filippo Maria Visconti, e nuovo signore di Milano. Dopo la conquista lo Sforza ripara i danni dell’assedio e raddoppia la parte centrale dell’avancorpo verso l’esterno inglobando i resti della torre di sud-est distrutta proprio durante l’assedio.
Per inizitiva di Galeazzo Maria Sforza nel 1466, appena succeduto al padre Francesco, vengono ordinati nuovi interventi che mutano definitivamente il korper in palazzo ducale, decretando la nuova funzione difensiva delle mura dell’antico borgo.
Nel 1472 il nuovo Duca del granducato interviene su due antichi edifici, posti lungo la muratura sud dell’antico borgo e utilizzati a stalla, sopralzandoli e modificandone il piano terra con l’inserimento, e qui risiede un apporto artisticamente rilevante, di un doppio colonnato con volte a crociera e nuove finestre.
A seguito nel 1475 si realizza il ponte con loggiato, posto a sud del corpo principale, mentre poco prima della morte l’esimio conte dà l’inizio alla costruzione dell’edificio della falconiera, indispensabile per una famiglia dal lignaggio signorile e per la pratica dell’ars venatoria, poi completato poi da Ludovico il Moro, reggente il ducato a nome del nipote Gian Galeazzo Maria Sforza e poi definitivo e memorabile signore Milano
Con Ludovico il Moro, nato proprio a Vigevano, il progetto sforzesco si attua in interventi di proporzioni e qualità rilevanti, completando il processo di trasformazione del castello in residenza. Il cortile, occupato in origine dall’antico borgo, viene svuotato dalle residue costruzioni, si costruiscono la terza scuderia, detta per questo di Ludovico, e l’edificio delle cucine, realizzato con la demolizione, come spesso accade per far spaxiun’idea edificatoria rispondente ai principi di armonia proporzionale, di un’ dell’antica chiesa intitolata a Sant’Ambrogio e collegato al korper da un edificio a ponte, chiudendo così la sequenza di edifici a contorno all’immancabile cortile.
Per una rimmovata struttura ad uso di rappresentanza, Il nucleo centrale o maschio, viene ampliato sul lato est con la realizzazione di un giardino pensile racchiuso da due edifici porticati progettati dal Bramante a modo dei chiostri milanesi e aperto verso est.
I quel complesso bramantesco rimane oggi, dopo il crollo del loggiato addossato alla strada coperta, solo l’edificio sud chiamato “loggia delle dame”. Ad opera del Bramante si deve anche parte della decorazione pittorica rinascimentale che abbelliva il complesso di edifici prospiciente il cortile, di cui oggi rimangono tracce sulle pareti della scuderia di Ludovico e il sopralzo dell’antica torre di epoca comunale.
Quest’ultim verso il 1476 era già stata rialzata con nuovi merli per ospitare le campane della chiesa di Santa Maria, (come la sua omologa citata in precedenza, demolita), realizzato in tre parti di cui la seconda con una cella campanaria e la terza con un corpo ottagonale coperto da una guglia. I fasti del dominio sforzesco terminano con Francesco II Sforza il quale completa le decorazioni pittoriche del palazzo ducale.
interventi ottocenteschi non modificarono nondal punto di vidta di alcuni orpelli decorativi il complesso, e piu che altro interventi che non vengono compiuti per adattare il complesso alle nuove funzioni.
Solo di recente nel 1980, dopo un decennio di abbandono iniziano i lavori di restauro e recupero del complesso di edifici del castello.
All’interno della struttura principale del castello trova oggi spazio il Museo Archeologico Nazionale della Lomellina che raccoglie le testimonianze archeologiche provenienti dal territorio lomellino. Nelle sale collocate sopra la seconda scuderia, trova spazio per la celebrazione di un vanto delke attività della tradizione locale, ossdia Il Museo della Calzatura Pietro Bertolini costituito dalla donazione dall’industriale Pietro Bertolini al Comune di Vigevano della sua ricca collezione personale a Meta novecento.
In ordine di accesso quanto descritto si compone di una torre d’ingresso detta del Bramante,
e grandi scuderie, di cui quella vicina alla torre detta “di Ludovico”, segue poi un ampio atrio d’ingresso neogotico che si lega corpo acorpo con loggiato detto falconiera.
L’edificio principale detto maschio è posto fra
due corpi ottocenteschi posti tra il maschio e la torre.
Gli edifici sono tutti legati tra di loro ed appaiono come una struttura unica con molte articolazioni.
L’origine della Torre detta del Bramante, situata nel punto più alto della città, presso il castello, risale come primo nucleo medievale al 1198 e fu terminata dal Bramante con apporti in stttile rinascimentale alla fine del XV secolo, mentre nel XVII secolo venne aggiunta ka copertura metallica in sostituzione dell’originaria a guglia conica.
Un corpo di fabbrica, la Torre che mostra una forma originale che, nel ‘400, fu il modello per la torre del Filarete nel Castello Sforzesco di Milano le cui somigliance sono evidenti ed è costituita da sezioni che si restringono avvicinandosi alla sommità.
DaI terrazzi perimetrali è possibile accedere un’ottima visuale della Piazza Ducale, del Castello e di tutta la città per scorgere una funzione di guerra.
L’altezza sviluppata di ben 75 metri dal livello della piazza, la Torre del Bramante è simbolo e Torre Civica della città di Vigevan e con i 57 metri di altezza è la struttura più alta della città.
Merita menzione la ripartizione di questa struttura che è realizzata dalla sovrapposizione di tre piani digradanti verso l’alto.
Il primo terrazzo è racchiuso dalla merlatura ghibellina, la sezione superiore accoglie l’orologio, mentre l’ultima, contiene la campana seicentesca. In cima spicca il belvedere ottagonale di matrice fortemente simbolica.
Nota da tenere in conto è la comune ripartizione degli spazi nei corpi di fabbrica sorti nelle aree del granducato milanese negli anni Visconti/sforza; dinastie di mercenari, divenuti con il tempo anche abili amministratori di latifondisti messi a rendita.
Le strutture del potere ricalcano la crescente esigenza di gestione di una logistica via via sempre più complessa.
Tutta l’area descritta è in specie nelle scuderie, i di nellA parte piu antica, è percorsa da simboli o iscrizioni antiche e risalenti alla fase di primo cantiere medievale che portano a pensare alternativamente a corporazioni di appartenenza quanto a stemmi, simboli religiosi e nel tal caso di matrice esoterica, considerati anche i luoghi di apposizione fortemente e simbolicamente determinati.
LUCA NAVA