TRAVO. Si può fare arte con i chiodi e le forchette? Secondo me sì. Ne sono prova le opere di uno dei più originali e brillanti artisti piacentini, Guglielmo Tacchini.
C’è un po’ dell’istinto di Munari e un po’ della fierezza plastica del migliore Manzù in questo “artigiano-artista-scultore-metallaro” che in quel di Piacenza fa raccolta di chiodi e forchette, nuove ma soprattutto usate, per inchiodarle-saldarle-scolpirle e renderle deliziose mini-sculture, micro-opere d’arte macroscopicamente interessanti e piene di vita.
Brillante e imprevedibile, Tacchini mette tutto se stesso nelle sue opere piccole-piccole ma grandi-grandi come il suo cuore, generoso, d’artista e di uomo.
Ruba del tempo alle sue notti e crea, macinando chilometri di metallo, scavandovi dentro fino all’osso per farle diventare materia purissima, scultura allo stato puro, materialità lirica, poesia fatta immagine plastica.
E non disdegna, anzi tocca senza perturbazioni umorali, il tema sacro. E lo tocca eccome, con grande efficacia, con grande impeto ed estro vulcanico.
Ma non basta, non gli basta. Guglielmo Tacchini da Travo (travo-trave-metallo, un’assonanza forse non casuale?) rende a pieno la crudezza e il dolore della Crocifissione attraverso il silenzio glaciale dei suoi metalli, e poi, nella stessa Crocifissione ci addita il Mistero della Resurrezione ancora grazie al metallo flesso, piegato, rotto e ricomposto.
Guglielmo Tacchini da Travo, ma residente da tanto in quel di Piacenza, è un artista che piega anche i cucchiaini da caffè, ma non solo.
Non è snob, quindi preferisce quelli umili, senza ricami. Ai ricami e ai ricamini pensa lui, lui che è uno scultore del cuore, e che piega e rompe il metallo per farlo diventare opera d’arte in metallo.
Non è snob, è un artista che crea. «Scusi, piuttosto di buttarli via, mi faccia una cortesia, dia a me quelle cose in metallo», sembra dire a chi lo osserva lavorare, trafficare, armeggiare, affaccendarsi sino a piegare e congiungere elementi lucenti, rilucenti, estroflessi, ma mai violentati, anzi rispettati nella loro purezza.
Guglielmo Tacchini è Guglielmo Tacchini, il poeta del metallo diventato poesia. Per queste ragioni si procura chiodi per la ferratura dei cavalli e altri materiali insoliti, li fissa e li assembla con il legno disegnando elegiaci incastri che brillano al sole, come il grande monumento che ha fatto fa bella mostra di sé a Monte Isola, la “perla del Lago d’Iseo”, intitolata La Pace nel Mondo. «L’opera, spiega, intende suggerire una riflessione sul vuoto spirituale che pervade la nostra società. Inoltre, rappresenta un momento di preghiera in un ambiente esterno, immerso nella natura…Viene da chiedersi se sia ancora possibile pensare a un nuovo umanesimo…».
AUTORE: SIMONE FAPPANNI – RIPRODUZIONE RISERVATA