GLI “ANIMALI DA FIORE” DI MINGUZZI ALLA PINACOTECA DI STATO

Un’opera in mostra di Minguzzi

SAN MARINO. Ibride creature immaginarie in procinto di fiorire «secondo leggi misteriose che trascendono il reale», figlie di un processo creativo, dice l’artista, inteso come «un caos autogenerato, un dialogo che si instaura tra me e la tela».

Sono gli “Animali da fiore” a cui Enrico Minguzzi da vita ancora fino al 17 marzo negli spazi dell’ex Convento di San Francesco, ora Pinacoteca di stato (v. Basilicius 31).

La personale dell’artista che vive e lavora a Bagnacavallo, promossa dagli Istituti Culturali della Repubblica di San Marino e curata da Paolo Rondelli, è pensata ad hoc per l’ex Convento e si articola su due piani, alla maniera della precedente “La piena dell’occhio”, esposta con grande successo nel 2022 al’ex convento francescano di Bagnacavallo. Le pareti, colorate di nero per l’allestimento, fanno da buia scena teatrale alle sua produzione artistica recente con 11 dipinti inediti e un’installazione site-specific composta da 34 elementi.

Minguzzi cosa sono questi “Animali da fiore”?

«Ė il modo più preciso che ho trovato per dare una definizione a queste forme. Non sono ne animali ne fiori e direi anche che non appartengono a nessuna specie particolare, se non quella che si propone sotto forma antinomia, il titolo della mostra appunto. Il dialogo tra me e la tela credo sia piuttosto da riferire al processo pittorico. Poi spesso accade che il dipinto che sto per iniziare sia lo sviluppo (o la deviazione) di un’altro che ho già realizzato, per cui in questo senso si potrebbe dire che il dipinto (nuovo) si autogenera basandosi sul dipinto (precedente)».

Perchè sorgono come una forma caotica? 

«Non c’è una regola assoluta ed in questo senso si può parlare di caos, la regola è che le fasi che costituiscono il processo creativo mutano continuamente scambiandosi di posto ogni volta, ma che, nonostante questo i risultati possano essere affiancati senza il timore di non trovare tra loro un collegamento, una vicinanza».

«Sono contaminazioni – scrive Rondelli in catalogo – apportatrici di vita, generatrici di nuove forme biologiche, di nuove espressioni … forme di vita spettacolari, tessuti cromatici in coltura che prendono forma su vetrini da laboratorio … »,

«»Penso che si faccia riferimento in questo caso in modo particolare ad un’opera presente in mostra, una installazione site-specific costituita da 34 piastre di Petri con riempimenti a colore pieno di resina epossidica su cui ho dipinto ad olio. La piastre di Petri sono appunto piastre da coltura biologica per cui il mio intervento va in un qualche modo a parafrasare questa pratica, sostituendo la parte biologica alla pittura, che si presenta però sotto forma di matrice, quasi fosse la fase embrionale dei dipinti su tela.

La tridimensionalità di vari suoi dipinti tende ad apparire come forma scultorea. 

«Voglio intervenire nel rapporto creativo in maniera libera, con elementi di casualità. L’inizio è una fase che decido volontariamente di non gestire. Il desiderio di dipingere è intenzione di riflettere qualcosa verso l’esterno, restituire una visione ben precisa che il visitatore, se vuole, è libero di condividere o interpretare diversamente. Quelle di “Costellazione”, ad esempio, possono essere tre stelle, tre petali o tre fiori», 

Nei corpi in evoluzione di opere come “Metaforma” e “Guardacuore”, il balenio di foglia d’oro ricorda la Ravenna mosaicata in cui il pittore si è formato.

«L’oro mi piace – dice – e mi interessa se messo in dialogo con i colori fluorescenti, che sono la base di ogni mia opera. Il giallo fluo che uso potrebbe anche essere inteso come il nuovo oro. Porta con sé lo stesso sfarzo e stupore, ma in chiave pop».

(orari: 9-17, ingresso libero) 

MARCELLO TOSI