JOAN MIRÒ: “LA POESIA DELLE FORME” ALLA VILLA REALE DI MONZA

La locandina della mostra

MONZA. Monza, terzo piano della villa reale, non poteva esserci momento migliore che la ricorrenza del 130 esimo anniversario della nascita dell’artista Joan Mirò, per rendere omaggio a una parte significativa della sua opera, specialmente quella più genuinamente grafica.

Fino al 5 maggio 2024, la Villa Reale di Monza ospita Joan Miro’, presentando una mostra dal carattere molto particolare, specialmente per gli amanti d’arte grafica che rappresenta forse la metodologia più diretta per oggettivare quella ” scrittura automatica” o “automatismo psichico” tipico del carattere del movimento d’avanguardia di primo novecento. .

La mostra è un viaggio nella vita del pittore, attraverso un insieme di opere che illustrano la carriera nel campo della pittura, della grafica e del disegno/scrittura in particolare.

L’incedere del gesto surrealista di Mirò è da sempre caratterizzato da un movente onirico e allucinatorio che si oggettiva tramite automatismo psichico sulle superfici pittoriche piu varie, dalla semplice carta all’encausto, tramite l’impiego sempre di colori forti e decisi come il giallo, il nero, il rosso o il blu e da forme essenziali, in questo avvicinandosi molto a Wilfred Lam e Sebastian Matta’ ma che in Mirò si manifestano con maggiore asciuttezza e immediatezza.

Tutto questo risulta in grado di trasporre, l’esperienza dell’inconscio a una condizione che lambisce, ma subito si porta oltre, la realtà.

Il connubio che Mirò realizza per tramite della poesia, sua e dei poeti a lui contemporanei, di immagine e mezzo espressivo prescelto, porta ad unificare l’immagine ed il “testo” in un insieme armonicamente ibridato e fortemente significativo.

L’esposizione evidenzia i risultati più sorprendenti di questa intensa unione, proprio sfruttando le potenzialità della grafica a colori, legata anche ad una approfondita ricerca nel campo dei libri illustrati, sempre fonte preliminare di immagini depositate nella memoria e poi bagaglio per l’inconscio.

Miró si caratterizza e differenzia dagli altri artisti del movimento, proprio per il suo modus di portare sempre a termine i suoi lavori di illustrazione dopo una lettura e meditazione dei testi, interiorizzandoli e mediandoli con il proprio bagaglio, per coglierne l’essenza e per fondere in un condensato messaggio poetico scritto con quello per via visiva o, per meglio dire, psicoscritturale.

La sperimentazione in questo campo porta anche a risultati dal carattere di opera incompiuta. Attraverso la tecnica del dipinto, ma anche per mezzo di collage, sculture, litografie si sviluppa un polimaterismo che apre la strada a un concetto nuovo per il quale la realtà entra in prima persona nel quadro. Da rappresentazione si passa alla presentazione.

Come accade per molti artisti, anche in Mirò vita e arte, poesia e pittura si fondono in un’armonia unica per modi e tempistiche, che si riflette trasversalmente in tutta il percorso artistico e nell’influenza su altre personalità.

E infatti l’artista stesso spesso ripeteva con carattere fatalista sulla dinamica compositiva :“Non stabilisco nessuna differenza tra pittura e poesia. A volte illustro i miei quadri con frasi poetiche, e viceversa”.

Nel percorso obbligato in quegli anni di forte espansione del pensiero avanguardista, Mirò si reca a Parigi, nel 1920 dove incontra il meglio del panorama intellettuale e artistico della Ville Lumière.

È qui che conosce Tristan Tzara, un altro personaggio disarcionato e completamente avulso alle regole sociali comunemente accettate.

Anche le manifestazioni dadaiste avranno grande impatto sull’allora giovane artista.

L’anno successivo Miró sì stabilisce accanto all’atelier di André Masson che lo presenta a poeti e scrittori, la vera anima del surrealismo.

I suoi amici diventano quindi Max Jacob, Pierre Reverdy, Benjamin Péret per citarne solo alcuni.

Ma non meno importanti sono i contatti con gli scrittori e poeti surrealisti André Bréton, teorico di un gruppo che non fu mai veramente tale, Paul Elouard, Louis Aragon.

Il momento oarigino fu un momento di grande creatività in cui i segni grafici sono allusioni liriche che si tramutato spesso in frasi su tela.

Nascono cosi i primi“quadri-poesia” non estranei a una familiarità con i compositori musicali contemporanei.

La presenza di tutti questi elementi, soprattutto dell’automatismo che è l’essenza del surrealismo, sarà la base per lo sviluppo dell’arte degli anni 40 dell’informale.

Una mostra di non molte opere, ma efficacemente illustrative della singolare personalita e del percorso dell’artista.

LUCA NAVA