DE CHIRICO, SAVINIO E LES ITALIENS DE PARIS AL MUSEO DI ARTI DECORATIVE ACCORSI-OMETTO

De Chirico, I gladiatori (la Lutte), 1929 ca, olio su tela, cm 90×115, Bobbio, MCM – Museo della Collezione, Mazzolini
© GIORGIO DE CHIRICO, by SIAE 2021, fonte: press kit uf. stampa Museo Accorsi Ometto. Immagine inserita al solo scopo di accompagnare il presente articolo di presentazione dell’evento.

TORINO. Fra il 1928 e il 1933 sette maestri italiani hanno incantato la capitale francese con il loro talento. Si tratta di Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, René Paresce, Gino Severini e Mario Tozzi, al centro della nuova mostra al Museo Accorsi-Ometto di Torino dal titolo Parigi era viva: de Chirico, Savinio e Les Italiens de Paris.

Questi i dettagli dell’evento desunti dal comunicato stampa “Sette artisti che hanno ridisegnato le sorti della pittura italiana nel XX secolo, in quel quinquennio d’oro che va dal 1928 al 1933 e in cui si è compiuta l’avventura francese de Les Italiens de Paris.

La mostra, curata da Nicoletta Colombo e Giuliana Godio, restituisce il clima artistico, propositivo, dialogante e provocatorio, di un crocevia spazio-temporale unico e irripetibile: attraverso una settantina di opere si ritrova quella tensione europeista maturata tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, un’epoca che vide Parigi farsi scenario di una cultura cosmopolita e interattiva, antitradizionale, in cui maturare il confronto con i movimenti avanguardisti.

Il titolo dell’esposizione si ispira a “Parigi era viva”, autobiografia di Gualtieri di San Lazzaro – celebre scrittore, editore e critico d’arte italiano, emigrato a Parigi – in cui vengono raccontate in terza persona la vita e le vicende lavorative di Picasso, di Matisse e de Les Italiens.

La vicenda del “Gruppo dei sette” inizia ufficialmente nel 1928, anche se tutti i componenti sono presenti e operativi nella Ville Lumière da tempo. Parigi è il sogno e il mito di ogni artista: Severini vi si stabilisce nel 1906; de Chirico vi approda una prima volta nel 1911 per tornarvi nel1924; suo fratello Andrea (che si sarebbe poi firmato “Alberto Savinio”) vi soggiorna già nel 1910 e nel 1926; Paresce arriva nel 1912, Tozzi e Campigli nel 1919 e De Pisis nel 1925.

Il linguaggio dei Sept, al di là delle diversità tematiche e stilistiche individuali, si orienta verso un nuovo classicismo mediterraneo trasognato, con qualche inflessione surreale e neo-metafisica, in equilibrio tra reale e fantastico, storia e mito, tradizione e avanguardia.

IL PERCORSO ESPOSITIVO

La rassegna è suddivisa in sette sezioni, ognuna delle quali è dedicata a un artista. In una saletta sono raccolti una dozzina di disegni, eseguiti tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, da Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini e René Paresce.

Il percorso comincia con Giorgio de Chirico. Nelle sue opere si ritrovano i rimandi metafisici (Le cabine misteriose 1934 c., Le muse o Le muse in villeggiatura 1927 c.); i richiami classici di Pericle 1925, un’opera d’intonazione misterica, o di Grenades avec buste ancien 1923 c.; il “ritorno all’antico”, perseguito a Parigi secondo uno stile personalissimo che sfocia, da una parte, nella tematica dei gladiatori (Gladiatori o La lutte 1929 c.), dall’altra, si concretizza nei nudi femminili monumentali (Les deux nus 1926) o in quelli tattili e luminosi, come i corpi dipinti da Renoir (Bagnante 1928-1930 e di Nudo 1930 c.) Non mancano un Autoritratto 1930 c. che testimonia l’alchimia del demiurgo-artista nel mistero del proprio atelier, reminiscenze dell’antica Grecia e frammenti di reperti archeologici (Sibille in riva al mare 1937 c.; Cavalli antichi 1929 c., Cavalieri e guerrieri in riva al mare 1931 c.).

Si prosegue con Alberto Savinio: La fille de la statue 1926-1927 mescola antico e moderno, mettendo a confronto il mondo borghese con la scultura classica. La serie di uomini dai volti di manichini, composti da assemblaggi di corpi nudi, si riconosce in Senza titolo o Il ritorno di Ulisse 1928 c., mentre l’elaborazione di paesaggi immaginari, caratterizzati da elementi geometrici diversi fluttuanti nell’aria come giocattoli, è riscontrabile in Le navire perdu 1928 c., Tombeau d’un roi maure 1929e Epître aux Ethiopiens 1929 c. Ritratto di Jeanne Castel 1929,Ritratto di Roger Lacombe 1930, Fräulein Liesbeth 1932 c., Ritratto di Achille Funi 1931 c.compongono un genere sviluppato dall’artista a cavallo tra gli anni Venti e Trenta e indirizzato a personalità del mondo culturale e artistico.

Dal 1930 Savinio realizza nuove ibridazioni metamorfiche tra corpi umani e teste di animali (Papera 1930-1931 e Penelope 1940), recupera l’esempio classico riportandolo alla contemporaneità (Arianna 1939 c.) e ripropone la dimensione metamorfica tra realtà e valori cosmici, tra umano e sovrumano (Fine del combattimento degli angeli 1930). Si continua con Massimo Campigli e i suoi riferimenti a modelli etruschi (Le Educande o Passeggiata delle educande 1929-1930) e rupestri (Le arciere 1933). La figura femminile èsempre al centro delle sue opere: in Le spose dei marinai 1934 si trova il tema caro al pittore delle spiagge animate da fanciulle in costume che hanno perso ogni connotazione fisiognomica e sono diventate allegorie della speranza; in Violini (Concerto) 1934 c.

Filippo de Pisis e la sua pittura frammentaria–”a zampa di mosca”, come ingegnosamenteladefiniva Eugenio Montale – si trovano nella quarta sezione. L’artista mette in scena nature morte (Natura morta con il pesce e le rose 1926) e paesaggi veloci e scattanti (La Coupole 1928, Strada di Parigi 1938e Viale di Parigi 1938) in cui alla luminosità del colore alternal’usosapiente dei neri e dei grigi, degli azzurri polverosi, svolti in narrazioni spesso audaci e neometafisiche. Anche in Interno dello studio di Parigi 1931 i rapporti di luce sono giocati con scatti timbrici e discontinui e in Trebbiatura a Gers 1934 prevale una delicata attenzione al colore abbinata a una pennellata fulminea e rarefatta.

René Paresce è il protagonista della quinta sezione:l’intenso e malinconico Autoritratto 1917 c. segnala, attraverso lo smarrimento dello sguardo, il disorientamento dovuto al drammaticotransito storico che procede di pari passo con l’emersione della difficile fase del Ritorno all’ordine. In Natura morta 1926 l’artista affronta la costruzione architettonica, nata dall’accorpamento di elementi geometrici giocati su diversi piani, al modo del cubismo di Georges Braque. L’inquietudine maturata verso il 1935 dà vita a dipinti come Circo con palla rossa 1936in cui figure larvali fluttuano in uno spazio indistinto e riportato al punto-zero, alprimordio della vita.

Nella sesta sezione incontriamo Gino Severini: l’artista, tra il 1928 e il 1929, inserisce in scenografie neopompeiane personaggi della Commedia dell’arte, Pulcinella, Colombina e Arlecchino, che diventano protagonisti di temi amorosi, musicali e poetici (La leçon de musique 1928-1929). Maschera e resti archeologici sono presenti anche in Natura morta con maschera 1929 c.,una pittura su vetro, tecnica riscoperta dallo studio di antiche iconografie edi tecniche romane “minori”. Una costante ispirazione musicale caratterizza il ritratto di Pulcinella con il clarino 1929 c., mentre si ritrova la vocazione classica severiniana in unapreziosa serie di nature morte realizzate alla fine degli anni Venti, in cui reperti di arte romana si assemblano in affascinanti combinazioni con scenografici tendaggi e strumenti musicali (Natura morta o Tenda e mandolino 1929 c.). Maternità – Natura morta 1927-1928, si articola entro i confini di una scatola architettonicamente perfetta, in cui la maternità, tema caro all’autore, è ridimensionata in una quinta laterale, soluzione che potenzia il ruolo da protagonista di una natura di levigata e austera purezza formale.

La mostra si conclude con Mario Tozzi. A partire dal 1924 l’artista matura l’idea di divulgare la conoscenza in Francia dell’arte italiana attraverso l’esposizione della nostra pittura e scultura contemporanea a Parigi. Egli sostiene l’universalismo dello “spirito italiano” nel più vasto orizzonte di una rigenerata “rinascita classica” dell’arte moderna.

Tra il 1929 e il 1930 l’universo di Tozzi si popola di figure archetipiche, architettoniche,realistiche e insieme idealizzate. La tensione plastica giunge al culmine in anatomie morfologicamente classiche, plasmate in busti cilindrici, in teste ovoidali, costruite con una materia argillosa e orchestrate in scenari silenziosi di conciliazione tra antico e moderno, concreto e astratto. Ne sono esempi magistrali L’Officina dei sogni 1929 c., Personaggi in cerca d’autore 1929 c.e Hommage à Claudel 1930.

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FONTE. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento: press kit Ufficio Stampa Fondazione Accorsi – Ometto | Museo di Arti Decorative