ABRASAX, MISTERO E CONOSCIENZA NELL’ESPERIENZA ESOTERICA DEI VANGELI APOCRIFI

Verso e recto di un talismano d’epoca ellenistica con il demone e la scritta «IAN ABRASAZ SAKAŌTh», fonte: Wikipedia

MILANO. A partire dal II° secolo D.C. In un mediterraneo dominato dall’impero romano, circolavano amuleti e talismani magici, che raffiguravano uno strano personaggio che mostrava la testa aquilina, anguipede e il busto di un uomo.

In una mano la figura brandisce uno scudo, nell’altra una frusta: su questi amuleti compare il nome Abrasax oppure Abraxas.

La figura ha poi un lungo corso medievale che lo porta ad arricchirsi di varianti che però non ne cambiano sostanzialmente l’iconografia. Particolarmente frequente è la presenza dell’immagine di Abbraxas in alcuni sigilli dei templari, su cui capeggia la scritta “ Secretum Templi”.( immagini)

Nei secoli successivi poi, cabalisti, massoni, occultisti, nonché personaggi della modernità e contemporaneità come Gustav Jung, Herman Hesse, Luis Borghes si sono interessati alla figura di Abrasax.

Nelle fonti antiche il nome Abrasax è citato una sola volta, dal bibliotecario Iginio, il quale fa riferimento al poeta antico riportandone un passo, di cui l’originale purtroppo andato perso, in cui l’autore informava che Abrasax era il nome di uno dei cavalli che tirava il carro del sole.

Ma di questa figura nei primi secoli dell’era cristiana, come in un salto da un sistema valoriale e trascendentale, si parlava di Abrasax come di un Dio, associato a un gruppo di cristiani chiamati Gnostici e guardati con grande disprezzo dai vescovi e dalle autorità della chiesa nascente: Abrasax era considerato il Dio degli Gnostici, non il Dio dei “cristiani”, non di quelli che si riconoscevano sotto insegna papale.

Di lui ne danno testimonianza alcuni importanti vescovi cattolici dell’epoca come Ireneo, vescovo di Lione, descrivendolo come un demone che gli gnostici avrebbero divinizzato.

Sulla scia della cattiva fama scaturita dalla diffamazione da parte di Ireneo, la figura di Abrasax, nei secoli successivi, venne adorato da sette di occultisti che si compiacevano di adorare il diavolo.

Ancora oggi esistono satanisti che sostengono di adorare Abrasax tenendo la sua effige sui loro altarini. Tuttavia è evidente che nessuno di costoro ha mai saputo chi fosse veramente Abrassax e di quale carico valoriale portasse con sé.

Facendo riferimento alle fonti pervenute fino ai nostri giorni è possibile affermare quanto segue.

All’inizio del II sec. D.C. Esisteva gia una chiesa cristiana ufficiale organizzata in Vescovi, Diocesi e quant’altro, ma non si deve pensare che tale livello di organizzazione fosse portatrice di un messaggio evangelico univoco.

Di vangeli, nella prima era cristiana, ne esistevano una trentina circa.

Quindi non solo quei quattro che la chiesa selezionò nel suo canone. Questi numerosi vangeli proponevano insegnamenti fra loro simili, ma non tutti lo facevano allo stesso modo, nello stesso stile letterario.

Le forme esegetiche e le interpretazioni erano simili, ma non identiche dall’una e dall’altra comunità, dall’uno all’altro vangelo.

Non esisteva dunque un unico cristianesimo delle origini, ma ogni comunità aveva la tendenza a seguire e dove possibile, imporre la propria versione, ritenendola la più fedele all’insegnamento di Cristo.

Al di la dell’esistenza storica possibile e non con certezza provata, di un profeta ebraico chiamato Joshua, figlio di Giuseppe, quel che è certo è che Gesu non ha lasciato scritto nulla se non parole sulla sabbia, come racconta nel passo dell’adultera il vangelo di Giovanni, il cui vangelo propone una propria versione dei fatti narrati. E non c’è nulla che possa far ritenere più valido il vangelo di Giovanni rispetto ad un altro dei trenta.

A parte l’impossibilità di attribuire una sorta di bollino di origine controllata a qualsiasi di questi vangeli, quel che conta è cogliere il suo significato, andando al di là della varietà dei tipi umani che hanno sotteso alla loro stesura.

Per secoli, il corpus totale dei vangeli, è fuori di dubbio che al di là della forma, esiste una forte unita di significato fra tutti i testi, a patto di assumere che questi, si esprimono in chiave simbolica e non letteraria.

Se a titolo esemplificativo ci si approccia ad argomentazioni come la resurrezione dei corpi, senza comprendere che un’immagine simile rimanda a un rinnovamento del “corpo dell’anima”, allora certo vedremo differenze enormi fra quei vangeli che descrivono Cristo che resuscita dai morti e altri vangeli che parlano di resurrezione come rinascita dell’anima.

Di tutte queste varianti, la storia della figurazione in miniatura e in pittura specialmente, ha sedimentato i contenuti di pressoché tutti i vangeli, inserendo anche particolari descrittivi in maniera trasversale o occultando in un qualche modo rendendo non esplicito, ovviamente, le Verità occultate gnostiche alla chiesa cattolica di Roma.

La chiesa romana sviluppò tra I e II secolo una sua interpretazione dei vangeli che era molto diversa dai contenuti inequivocabili in alcuni passaggi, di altri vangeli.

Questa situazione è stata indagata dal teologo del secolo scorso Walter Bauer nell’opera dedicata alle origini del cristianesimo, andando ad indagare cosa fosse ortodossia ed eresia nei secoli antichi.

Ortodossia è una parola composta che mette insieme due parto: ordos e doxa, cioè “giusta opinione”, quella che secondo la chiesa di Roma era il modo giusto di interpretare i vangeli, i quattro vangeli, ignorando gli altri.

“Airesis” invece, ossia eresia, va a indicare una scelta, scelta sbagliata, secondo Roma, con riferimento a tutte le possibili varianti rispetto all’ortodossia.

Bauer, mostrò su base scientifica che, le interpretazioni e la diffusione di versioni dei vangeli diverse dai quattro canonici, erano, nei primissimi tempi del cristianesimo, con Gesù appena morto, la prevalenza. Quei vangeli che poi sarebbero stati condannati dalla sede apostolica, come eretiche: ciò che ci è pervenuto come eresia, attraverso la predicazione della chiesa romana, era invece la versione piu diretta possibile della narrazione dei fatti riguardanti la vita di Cristo e del suo messaggio.

Divennero invece ortodossia posizioni minoritarie che ebbero poi la forza di prevalere, quelle che oggi riteniamo nell’alveo dell’ortodossia.

Ireneo di Lione aveva selezionato solo quattro vangeli ritenendoli veri, definendo gli altri “apocrifi”, che significa nascosto, segreto, nel senso che dovevano rimanere nascosti alle masse, perché pericolosi per la fede.

Ma pericolosi perché? La risposta non implica l’esistenza di complotti, ma semplicemente perché non sarebbe stato possibile mettere in piedi una struttura come quella della chiesa attuale se i fedeli avessero creduto in altre Verità di fede, che non legittimassero molte cose: (dal potere temporale del papa alla somministrazione dei sacramenti e relativi introiti)poiché il potere in ambito spirituale di Roma sarebbe stato deviato dalla chiesa e dai suoi adepti, verso altro.

Se fossero prevalse altre correnti politiche e giochi di potere, oggi forse parleremo di Pietro e dei suoi amici pescatori come una setta di eretici.

Infatti altri Vangeli non erano e non sono per nulla collimanti con i canonici, se non in alcuni frangenti, per ciò furono occultati: la chiesa di Roma fece in modo che si perdesse perfino il ricordo dei testi ritenuti apocrifi e per secoli perseguitò tutti coloro che seguivano interpretazioni diverse da quelle della ortodossia.

In questa dinamica anche molti artisti, seguaci di gruppi minoritari gnostici, furono perseguiti per i loro tentativi di rendere in immagine, narrazioni il più vicino possibile alla narrazione contenuta nel vangelo di Tommaso, Filippo, o di Maria Miriam Maddalena, stroncati sul nascere la dove fossero stati individuati.

Furono uccise migliaia di persone per secoli. Delitti contro la cultura e contro l’umanità, per difendere una posizione politica di favore, che certo non portano sostegno alla pretesa della universalità del messaggio cattolico della sede apostolica.

Se c’e una cosa certa è che Cristo predicasse l’amore fraterno e alla luce di quanto esposto appare chiaro che la chiesa romana figura come l’istituzione meno accreditata, a portare questa novella, quella che meno ha inteso il messaggio evangelico.

Chi erano gli gnostici contro i quali si scagliò la chiesa?

Erano dei cristiani, fra le primissime comunità, e non certamente dei traviati, come sono considerati oggi dai cristiani dell’ultima ora.

Alla luce dei ritrovamenti archeologici di Nag Hammadi, in Egitto, dove a metà del secolo scorso è stata ritrovata una intera biblioteca gnostica, gli studiosi ritengono che lo gnosticismo sia stata la più antica ( e genuina, in quanto vicina se non contemporanea a Cristo stesso) forma di cristianesimo prima che la prepotenza di Roma la schiacciasse.

Basilide, uno dei primi maestri gnostici, insegna nel 110 D.C.

Egli riporta fatti testimoniati e accaduti da chi aveva sentito quelle parole da Joshua in persona.

Gli gnostici rifiutavano di interpretare letteralmente le dottrine evangeliche, compresa la resurrezione dei corpi o anche del corpo di Gesù.

Gesù o Joshua era entità di pensiero, meglio, corpo del pensiero, intesa come unità delle idee costituenti un pensiero, ma non corpo fisico.

Per questo ciò che risorge, per uno gnostico, è il corpo dell’eidos psichico che si rinnova.

Se l’interpretazione essoterica dei vangeli era comprensibile a tutti perché superficiale, ossia quello che oggi è diventato il catechismo e la predicazione apostolica alle celebrazioni eucaristiche, il cammino exoterico era accessibile solo a chi si impegnava a capirlo nel profondo: gli iniziati.

Basilide affermava che solo uno su mille poteva comprendere i vangeli, due su diecimila. Inoltre un aspetto fondamentale per gli gnostici, era che la salvezza poteva essere guadagnata attraverso un percorso di elevazione personale: evidente il contrasto con l’ecumenismo apostolico romano.

I testi dei vangeli apocrifi furono stesi contemporanei a quelli canonici, taluni, come il vangelo di Filippo, addirittura con Joshua in vita, con parole trascritte e udite da Gesù in persona.

Solo alla fine dell’ottocento si ritrovò il testo del vangelo di Maria Maddalena su un papiro, scritto in copto, la lingua d’Egitto nel I secolo.

Conservato presso il museo di egittologia di Berlino, questo papiro è datato, secondo attribuzione fatta a radiocarbonio e da considerazioni di tipo linguistico, è fra il 90 e il 110 DC.

Se si pensa che la datazione del vangelo di Giovanni risale al 100/110 DC, ci si rende conto, su questa base, dell’alta attendibilità del contenuto, quantomeno come per il libero dell’Apocalisse.

Solo a partire dagli anni ’70 del secolo scorso è stato possibile studiare i vangeli apocrifi e il testo risultante e il lavoro svolto, è confluito solo nel 1990 in una pubblicazione realizzata da Jean le Luc.

Il vangelo della Maddalena ha a che fare con la realtà e insegna che solo apparentemente le cose sono separate.

Letteralmente dice Cristo:” Nella loro essenza, tutte le creazioni sussistono l’una nell’altra e l’una con l’altra, e saranno nuovamente disciolte nelle proprie radici”.

Ora, le radici sono L’ARCHÈ, l’origine di tutto, l’uno che comprende tutto, per questo tutti gli enti sussistono l’uno con l’altro e per questo si comprende come, la loro apparente separazione, appare in dissonanza con l’affermazione che tutto è Uno.

Interessante, in questo vangelo è la risposta che Cristo da a Pietro quando questo chiede cosa sia il male del mondo.

Cristo è chiarissimo e risponde che non c’è male nel mondo, ma diviene male ogni cosa che si assimila all’adulterio.

Qui Adulterio è termine che va decontestualizzato dal senso comune.

Propriamente è da intendersi come la divisione degli enti; questo è il male, ossia ciò che porta malessere, ciò che gli induisti chiamavano, come il processo, “advaita”.

La separazione dalla perfezione dell’uno è già concetto neoplatonico e in qualche modo facente eco alla Hyubris greca, alla tracotanza, al passaggio del limite, alla disgregazione, quasi assimilandolo a una volontà pervertita.

Nel Vangelo di Marco invece, il concetto di adulterio è semplificato, cioè è proposto essotericamente, come tradimento cogniugale, ben poca e misera cosa rispetto alla vastità del pensiero e dell’atteggiamento richiesto dal vangelo gnostico della Maddalena che propone un accesso sottile ed exoterico universale…[…]

Per brevità si conclude qui questa parte di articolo che verrà integrata e completata in un prossimo articolo con l’analisi del vangelo Gnostico di Filippo, Tommaso, ma soprattutto sulle differenze nel modo di intendere il messaggio salvifico, e la concezione di Spirito, Anima e Intelletto della dottrina gnostica, e le tracce occultate, ma ben riconoscibili e decodificabili da un occhio conoscitore, delle differenze dottrinali rispetto al canone, delle dottrine gnostiche, in esempi figurati.

LUCA NAVA