ALLE ORIGINI EUROPEE DALL’ARTE ROMANICA: SAN VINCENZO E IL BATTISTERO DI SAN GIOVANNI A GALLIANO

S.Vincenzo, affreschi del presbiterio, particolare. Fonte: Wikipedia commons

MILANO. Se si dovesse individuare un’area nel nord Italia ad alta concentrazione di testimonianze relative alla vita civile, religiosa, contadina, militare, nonché artistiche attorno al X e XI secolo, questa è certamente la Lombardia occidentale e in particolare il comprensorio comasco e quello bergamasco.

Attorno agli edifici superstiti di quell’epoca, si snodano una serie di percorsi, personaggi, fatti e documenti che li accompagnano che rendono conto di quanto il fatto religioso, innervasse la società alto medievale, tanto da richiedere al visitatore o a chi si approcciasse a questi argomenti, di valutare questo carattere religioso anche e soprattutto come fatto culturale.

La Basilica di S. Vincenzo a Galliano e il Battistero attiguo di S. Giovanni, costituiscono il complesso architettonico, oggetto di questa trattazione, sotto la luce dei punti sopra citati.

I due monumenti si ergono al di sopra di una collina di minima pendenza a cui si accede con facilità, alla base della quale si riesce a godere di uno sguardo d’insieme chiesa-battistero.

La prima basilica venne fondata con tutta probabilità intorno alla metà del V secolo, una datazione che riporta le lancette al periodo tardoantico, con una conferma dell’esattezza della stima data dall’analisi dei resti delle antiche strutture.

Sono infatti venute alla luce tracce evidenti dalla presenza di alcune iscrizioni funerarie datate attorno al V sec. Anche la dedicazione a Vincenzo da una forte indicazione in merito: il santo di origini iberiche godette della fama e di culto in modo molto precoce ed è documentato a Milano già in età tardo antica.

Il saggio stratigrafico effettuato in occasione dell’ultima campagna di restauri del 1982 ha individuato resti di strutture con muratura in piccole brecce carbonatiche a nord della basilica.

Allo stesso modo nel battistero è stato possibile individuare un complesso edilizio non unitario, il quale, probabilmente parte di un tempio antico, ma potrebbe anche trattarsi di una villa rustica già demolita in età tardo antica.

Siamo difronte quindi a un complesso sorto in relazione a un insediamento romano tardo antico.

Nella sua storia, soprattutto nei primi secoli del Medioevo la chiesa ha costituto un punto di riferimento per il territorio nell’amministrazione dei sacramenti e, probabilmente, anche della giustizia ordinaria e questo è confermato da alcune iscrizioni sepolcrali, rinvenute durante i restauri ottocenteschi e riferibili con buona approssimazione, attorno al VII secolo.

Il fondatore, Ariberto d’Intimiano apparteneva a una ricca famiglia nobile e al tempo della fondazione era solo un giovane prevosto, ma che sarebbe diventato il futuro vescovo di Milano.

Ariberto promosse la ricostruzione dell’intero complesso fra il 1004 circa e il 1007, e da arcivescovo di Milano (1018-1045), volle conferire al complesso canturino lo status di pieve e garantire le conseguenti rendite economiche già abbondanti per le cospicue donazioni dei canturini.

La chiesa tardo antica, quasi certamente un mono vano, venne completamente demolita e sostituita da un edificio a tre navate coperto a capriate, con il campanile iscritto nella facciata in prossimità della nave maggiore e aderente al muro nella parte sud che ancor oggi porta la traccia della verticale in cui si innestava la torre campanaria.

In origine lo schema costruttivo del campanile, ricalcava per posizionamento, gli edifici nord renani.

La torre fu debitamente nei restauri ottocenteschi per le gravi condizioni di “minacciare ruina” che l’incuria secolare aveva causato.

Di tutto ciò è preziosa testimonianza la sintetica raffigurazione della basilica nel modellino offerto dallo stesso Ariberto nell’affresco del catino absidale, al Cristo in mandorla: sulla sagoma del modellino della chiesa svetta appunto il campanile oggi scomparso.

L”ampiezza della navata maggiore rispetto alla navata laterale, con funzioni puramente sussidiarie di rinfianco, appare quasi sproporzionata e fa pensare a un progetto cambiato in corso d’opera, ma l’intelaiatura strutturale complessiva delle pareti longitudinali, in particolare la dislocazione dei sostegni, confermano la progettazione, ad un tempo, della struttura.

Anche in parti strutturalmente decisive come i contrafforti oppure i sostegni, mancando in loco colonne antiche da riutilizzare, come invece accade in edifici di questo tipo, ad esempio nella basilica della poco distante Agliate, si ricorse alla singolare soluzione di porre in opera parallelepipedi a sezione ottagonale: poligono l’ottagono che ricorre anche nel presbiterio del battistero.

L’impianto di copertura del vano centrale a capriate, si avvale del sistema ad arconi trasversali visti anche a S. Maria di Lomello, presso Pavia e mette in evidenza come il riferimento per la soluzione abbia origine nel modello paleocristiano.

Per quanto riguarda la cripta, nucleo della chiesa più antica del V sec., Ariberto, volle “traslare” dalla vecchia chiesa alla nuova cripta la struttura, continuandone in qualche modo la funzione originaria, a protezione dei resti di Adeodato, (le cui spoglie da probabile martire, furono ritrovate in loco) facendone anzi l’elemento decisivo di “misura” per cosi dire, dell’intera struttura: queste scelte decisive preannunciano i futuri sviluppi delle soluzioni voltate del romanico, in particolare quello lombardo.

La basilica, trasformata agli inizi dell’Ottocento in abitazione rurale, riducendo alla sola cripta che venne conservata al culto, la chiesa invece venne trasfigurata all’interno da tramezzi e soppalchi, venne radicalmente restaurata.

L’abside e parte del perimetrale della navata nord, vennero consolidate con tiranti all’interno e all’esterno che ne hanno compromesso, come sottolineò il Porter (1915-17), la lettura e ne condizionano tuttora, il corretto apprezzamento estetico.

A pesare sulla fruibilità e possibilità di cogliere l’armonia proporzionale dello stile originario, si deve aggiungere anche l’enfatizzazione di un elemento costruttivo (lo sganciamento della muratura del perimetrale nord da quella absidale) che, è stato in seguito acquisito senza ulteriori verifiche materiali, condizionando gli studi e causando il radicale fraintendimento della struttura e del suo complemento nella campagna restauro del 1910-13.

Complessivamente la chiesa si presenta molto semplice, priva di elementi decorativi, che sono andati perduti, con la muratura in grossi ciottoli di conglomerato a vista.

Al centro si apre uno stretto portale con architrave e piedritti monolitici sbrecciati con una lunetta a sesto acuto a chiudere apposta almeno due secoli più tardi.

Relativamente poche le aperture e tutte monofore, poste senza alcuna attenzione per la simmetria in facciata e nelle pareti. In facciata, più in alto vi è un’apertura a croce e sotto questa, a sinistra due monofore.

All’estremo opposto l’abside maggiore centrale si staglia nettamente dal corpo della chiesa e risulta sottodimensionata anche se di poco rispetto alla larghezza della navata alla quale si raccorda con aggiustamenti e spessori murari..

Esternamente è percorsa da una serie di arcatelle cieche formate senza aggiunte di modanature o altro materiale ma con l’ausilio dello spessore murario stesso .

Poiché la Basilica è ora un edificio mancante di una parte considerevole come la navata sud, solo per via intuitiva è possibile dare un giudizio sulla spazialità.

Tuttavia, alcuni dati si possono cogliere da una semplice osservazione:l’altezza della cripta e la conseguente sopraelevazione del presbiterio, si fanno notare per le proporzioni, ben al di sopra del dimensionamento consueto degli edifici romanici in questa altezza cronologica.

La cripta è del tipo ad oratorio, con campate estremamente irregolari coperte da crociere su archi traversi, ma notevoli sono anche i capitelli in bianchissimo marmo che, insieme al sostegno d’ambone posto all’ingresso della cripta, sono gli unici reperti di età riferiti fra IV e V sec. se si escludono i sostegni poligonali un navata databili dubitativamente fra V e Vll secolo.

LUCA NAVA