SHOAH E DEPORTAZIONI: UN LIBRO PER NON DIMENTICARE

La copertina del libro con un’opera di Alberto Besson

MILANO. S’intitola Sguardi interdisciplinari fra Shoah e deportazioni il nuovo libro curato da Simone Fappanni. Il volume, che si avvale di una copertina artistica con un’opera di Alberto Besson, presenta una serie di saggi e studi interdisciplinari sulla Shoah e le deportazioni nell’intento di offrire percorsi di approfondimento, “a più sguardi”, su avvenimenti che hanno profondamente cambiato la storia e che, proprio per questo, non vanno assolutamente relegati al silenzio.

“La tragedia della Shoah e dello sterminio perpetrato con ferocia dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale – scrive Fappanni – sono pagine di storia indelebili sulle quali non si dirà né scriverà mai a sufficienza.

Perché se è vero che il tempo tende ad appannare i ricordi, è altrettanto giusto fare in modo che essi vivano perché certe catastrofi non si compiano mai più.

E l’Olocausto voluto da Hitler e da tutti coloro che vi hanno partecipato a vario titolo fa parte di quella memoria collettiva che non dovrebbe mai essere rimossa.

Per queste ragioni tante persone prendono molto seriamente la Giornata che ripercorre quei giorni bui, soprattutto per ricordare i milioni di uomini, donne e bambini che sono stati uccisi barbaramente. Senza alcuna pietà.

Un processo di disumanizzazione, quello che ha condotto a queste uccisioni di massa con sistemi scientificamente studiati e messi in atto con lucida freddezza da aguzzini senza scrupoli, incapaci di dare valore alla vita di chiunque.

Leggere le pagine dei pochi sopravvissuti, ascoltare il dramma dei loro racconti, con passaggi da mettere i brividi, guardare i quadri di quegli artisti che hanno vissuto in quel periodo o le fotografie che lo ritraggono, sono elementi utili per ricostruire una storia che nel suo divenire ha condotto direttamente a una condizione di violenza assoluta che trova pochissimi altri esempi nella storia dell’uomo.”

Ecco allora che vale davvero la pena leggere con attenzione i contributi inseriti in questo testo, firmati da Marcello Tosi, Vincenzo Montuori e Benedetta Botti, oltre che dal curatore, per continuare a tenere viva la memoria, parafrasando Primo Levi, di “ciò che è stato”.