SODALIZIO DI ANGELI E DEMONI FRA MINIATURE E DECORAZIONE PLASTICA

Bestiario Aberden, fonte immagine: Wikipedia

MILANO. Nelle trattazioni che fin qui hanno riguardato le manifestazioni artistiche legate al periodo di transizione fra alto e basso medioevo, si è scelto di fare enfasi sugli aspetti cronologici dell’evoluzione degli edifici sacri.

Che si tratti di centri monastici o di altre realtà come scuole cattedrali, castelli, ciò che marca una evoluzione di uno stile di diffusione europea, denominato romanico, è però il connubio di struttura, con le specifiche distinzioni qualora si tratti di architettura, pittura o pergamene di evangelari rilegate e la loro decorazione.¹

Un binomio, quello fra l’aspetto sostante l’opera e l’apparato decorativo che assume caratteri specifici a seconda che ci si trovi nella penisola iberica, in Franconia, in Lotaringia, nelle isole britanniche o nella penisola italica.

Spesso la determinazione di aspetti specifici di queste realtà avviene con aspetti peculiari in modo regionale e talvolta addirittura locale.

Ci si potrebbe chiedere come si possa tenere uniti caratteri di dimensioni continentali con aspetti addirittura regionali e per un periodo di tempo cosi lungo come la fase centrale del medioevo che sfiora i cinque secoli di estensione.

La risposta di prima istanza, che viene da una constatazione di un fatto innegabile, perché più volte manifesto è quello della grande libertà inventiva ed espressiva, accompagnate dalla consapevolezza contenutistica degli atti, appartenuti e agiti da uomini di quei secoli ormai andati.²

Ma si resterebbe increduli nel constatare che quel condensato di monumentalità e decorazione tipici dell’espressivita’ dei “secoli di mezzo” che sono le cattedrali, le abazie e i castelli, trovano il germe della loro inesauribile vivacità e capacità misterica in un’arte che invece, all’opposto, è minuta, per pochi, relegata alla custodia di contenuti filosofici, religiosi, esoterici, alchemici, taluni dei quali oggetto di precedenti e questa trattazione, in particolare, ossia la decorazione plastica e la miniatura.

La seconda, erroneamente creduta e chiamata cosi per le piccole dimensioni dei suoi prodotti, ha in realtà il motivo del suo nome nel mezzo con cui prevalentemente nei secoli di mezzo veniva realizzata, il Minio appunto.³

L’origine di questa pratica artistica non è medievale ma già tardo antica manifesta nelle modalità a noi consuete: si può pensare al Virgilio illustrato di età augustea, per fare un esempio su tutti.Ma se si volessero rintracciare antecedenti ancor più lontani, si dovrebbe far riferimenti alle icone delle valli desertiche del Fayum.

In seguito all’evoluzione del contesto politico e religioso dell’ormai ex impero d’occidente, le tematiche e la meta-comunicazione adottata dalla cultura cristiana entrante sul paganesimo, ha segnato per l’arte figurativa una ulteriore evoluzione sotto molteplici punti di vista.

Lo sviluppo della miniatura nel medioevo ha quindi assunto caratteri squisitamente regionali fin dagli esordi.

Si ha una miniatura pre-carolingia diffusa fra le terre dell’Irlanda del nord e l’isola britannica.⁴

Esempi illustri sono il Pentateuco Ashburnham, il libro di Durrow, il Codex Lindsfarne.⁵

Nel VIII secolo la miniatura Merovingia si afferma nelle terre che oggi identifichiamo come Belgio e Germania : il Sacaramentario Gelasiano, quello di Gellone, il lezionaripo di Luxewille e molti altri.ne sono una tangibile testimonianza.

Giunti all’epoca carolingia, quindi dal 780 D:C in poi fino al IX sec, la raffinatezza grafica fatta di racemi e figure icastiche che si accompagnata dallo stile imperiale corsivo, da origine a Bibbie, libri d’ore, Salteri di raffinatissima legatura.

Ne sono un esempio l’evangelario di Godescalco, Il salterio di Corbiè, il salterio di Utrecht.⁶

Per quanto riguarda la miniatura mozarabica, contemporanea a quella carolingia, si possono citare la Bibbia di Laon e il salterio del beato di Gerona.

Ma è nel passaggio dal IX al X secolo che si ha il fiorire nuovo della miniatura inglese con Il benedizionale di Re Etevoldo, il Salterio di Edmundus, Il codex Egberti e i poemi di Caedmon, questi ultimi in particolare pescanti le tematiche nella antica tradizione leggendaria inglese.⁷

Gli evangelistari della badessa Hitda, quello di Uta e il codex aureus di Eternach, completano questo breve e non esaustivo elenco di opere pervenuteci e sulle quali si può studiare come l’arte della miniatura abbia operato silenziosamente ma costantemente nel creare e poi alimentare, l’immaginario fantastico medievale, posto come è a metà strada fra desiderio di conoscenza, filosofia, religione naturale e nuove istanze cristiane.

Lo sviluppo della miniatura romanica è legato ai grandi centri monastici che, in quanto detentori della cultura, insieme alle scuole cattedrali,⁸ annoveravano fra gli scranni degli scriptorium, anche monaci che spesso e volentieri rivestivano ruoli importanti per le cancellerie imperiali.

Da questi centri sono emersi l’abate Suger dell’abazia di Saint Denis, Bernardo di Clarivoux, Rabano Mauro, Guglielmo da Volpiamo, Adelardo di Saint Germain des pres, Wendrico di Liessis.

Cluniacensi e Cistercensi in particolare, fra XI e XII secolo ebbero un ruolo fondamentale per la miniatura e il suo sviluppo.

Le isole britanniche, per quanto riguarda l’invenzione di modelli iconografici rientranti nelle bibbie e vangeli miniati, da un inizio assolutamente prestigioso, specie nei centri di Durham, Winchester e Canterbury, subirono poi una battuta di arresto a causa della minaccia apportata dai Normanni che cominciavano a infestare mari e coste inglesi.⁹

Fu cosi che numerose copie dei manoscritti insulari cominciarono a confluire verso la Francia meridionale ma soprattutto vero l’area nord italica, forse per evitare il contatto del prodotto della propria cultura con la presenza imperiale, sempre invisa e mai completamente tollerata.

Dal lago di Costanza verso la Francia e la penisola italiana, proprio mentre l’Inghilterra è alle prese con le invasioni normanne, si sviluppa la miniatura Ottoniana.

Nella regione del lago di Costanza e alle zone limitrofe si svilupparono numerosi monasteri minori che divennero scriptorium sottoposti al monastero maggiore di Richenneau o alternativamente di Colonia

Da li altri centri come Baviera e Salisburgo o Ratisbona presero vita e si affiancarono a quei centri di età davvero più precoce come Treviri e Magonza.

Dal XI sec. la tradizione delle Bibbie Atlantiche e dei vangelari lascia spazio a nuove formule di testi che venivano miniate in vario modo, completezza, stile.¹⁰

Si parla di grandi antifonari di notevoli dimensioni, libri d’ore, salteri e formule di libellus di maggiore o minore completezza e cura.

Nascevano poi i commentari al vangelo dei padri della chiesa e piccoli “libelli” miniati che narravano la vita e i miracoli dei santi: quelle che oggi potremmo definire monografie ante litteram.

La composizione di testo e immagine andava, in queste nuove produzioni librarie in parallelo o di intermezzo al testo.

E’ opportuno ricordare che tali preziosi libercoli venivano prodotte in pochissimi esemplari, per il costo spropositato e il valore che acquisivano e poi perché, in grado di leggerli e comprenderli erano davvero poche persone, in genere regnanti o alti prelati, oltreché i monaci.¹¹

I protagonisti delle miniature, siano essi presi come elementi singoli che come membri di un groviglio di animali, racemi, torri merlate di castelli o altro, si potevano disporre affiancando il testo a cui, non sempre, facevano riferimento.

Potevano intervallare il testo o comparire di per se a piena pagina. L’inventiva che si cela dietro queste allucinate creazioni, si abbevera a un pozzo che è quello della tradizione antica delle popolazioni celtiche e dei miti della religione naturale prima che i popoli delle steppe asiatiche divenissero stanziali in epoca medievale.

Il bestiario fantastico che anima l’arte dei miniatori sembra travalicare i confini fra realtà e fantasia e pone un veto alla dimensione ontologica sulla sussistenza possibile di ciò che viene illustrato.

Attraverso le iniziali ornate ( vedere l’iniziale “A” di Flavio Giuseppe nelle immagini contrassegnata da (**)) nelle immagini è entrato negli scritti dei teologi ¹²anche un immaginario collettivo molto solido perché sedimentatosi per secoli, ma che in questo contesto ha effetto tutt’altro che edificante.

In alcune scene in cui compaiono nudi, se si escludono quelle che includono la narrazione della genesi e quindi Adamo ed Eva, ricorrono esempi di un erotismo piuttosto esplicito, un mondo di promiscuità illustrato senza un contrasto morale ed etico del testo che le accompagna.

Un un mondo ermafrodito all’apparenza privo di turbamenti ma che inscena possibili condizioni: carattere diffusissimo questo, soprattutto in ambiente laico in quella fase di medioevo.

Questa irriverente forma espressiva nei confronti dei testi sacri, fa pensare immediatamente ai suoi estremi sviluppi, due secoli più tardi in Hieronymus Bosch, tardiva espressione della fine del quattrocento e al tempo stesso riassuntivo di tutte le tematiche e i turbamenti dell’età medievale che si stava congedando per aprire a un nuovo ciclo storico-artistico.

Osservando poi della presenza di tutto questo campionario non solo nei libri miniati, ma anche nelle decorazioni dei portali, dei capitelli e degli archi nelle grandi abazie di Vezelay, di Autun, di Saint Foy o della cattedrale di Modena, ci si chiede come sia stato possibile che la chiesa, cosi attenta e vigile a ogni forma espressiva o di pensiero potenzialmente lontana dall’ortodossia, abbia acconsentito a far entrare, con buona pace di Bernardo di Chiaravalle,¹³ tali forme espressive, quando non ambigue, dichiaratamente problematiche dal punto di vista dottrinale, nei luoghi fisici e cultuali cosi come nelle pagine miniate, ove si invera e professa la fede nei dogmi più rappresentativi della civiltà cristiana.

Evidentemente una qualche funzione, questo apparato millenario e stratificato era in grado di svolgerlo, probabilmente da ricercare a più stadi, ma c’è da giurare che fosse un ruolo importante.

Le figure, i loro duelli, le capriole, le situazioni di caccia o alchemicamente misteriose, non sempre si possono spiegare puntualmente, anche se volendo sarebbe possibile.

Quel che conta invece è che si possono spiegare nel loro complesso, perché in una prospettiva più ampia, afferente alla tradizione or ora illustrata, esse assumono significato chiarissimo .

Il primo ruolo che queste creazioni assumono è quello di non ricusare le radici delle antiche religioni naturali, popolate da dei e presenze zoomare le cui parti fisiche assumevano i caratteri del fantastico: tutte idee sedimentate nella memoria da cui la romanità, fine del mondo antico e principio dell’evo medio, deriva. ¹⁴

In seconda istanza, questo campionario fantastico in cui uomini e animali insieme con i racemi vegetali sembrano dichiarare la possibilità poter vivere di forme svincolate dal dogma che la religione pone, e di farlo attraverso forme ibride in cui il verosimile, ma non il reale, vive e sopravvive facendosi beffa dei vincoli imposti.

Tuttavia questo mondo allucinato che orna lettere di inizio capitoli o illustra fasi della narrativa sacra, nelle varie forme che la cultura regionale e monastica propone, mantiene un rapporto gerarchico ben definito con quelle che invece sono le figure sacre come santi, cristi pantocratori o madonne con bambino etc.

Alla base solidamente assestata c’è la riconferma di un tema sempre attuale sia nella dottrina che nella vita percepita e vissuta nel quotidiano, della lotta imperitura fra bene e male.¹⁵

Se il bene è sempre nemico del male, allora l’arte deve più chiaramente che mai tenere conto di questo fatto.

Tutto viene incluso nel combattimento fra cielo e terra e viene in questo modo “moralizzato”.

Le lettere iniziali dei salteri e dei passionari del XII secolo mostrano chiaramente come anche lo stile miniatorio abbia risentito dell’inasprimento dei principi etico-cristiani, senza che però venisse del tutto abbandonata la categoria dell’incondizionato aspetto giocoso, a tratti sarcastico, che resta l’elemento vitale delle invenzioni iconografiche dei miniatori medievali.

L’aspetto moralizzante aveva raggiunto, verso la metà del XII secolo, praticamente ogni settore di vita e ogni manifestazione artistica. Per questo non deve stupire che, fra necessità di rispetto di alcuni canoni religiosi e la natura intrinseca dell’ornato di matrice merovingia, i manoscritti della scuola inglese di Canterbury e Winchester portino fra le loro pagine gli esiti di illustrazioni scientifiche misti a ornati del tutto fantastici e capricci di varia natura.

La “moralizzazione” ¹⁶tende sempre a stabilire delle gerarchie, oltre che ad avventurarsi nell’arduo compito di stabilire universalmente un criterio su cosa sia male o bene, e cioè tende a da re sistemazione su livelli di importanza degli elementi che compaiono nella pagina miniata scanditi dal movimento ascensionale.

Questo aspetto coinvolge tanto l’uomo quanto le cose del mondo naturale. Ad esempio, nel momento in cui compaiono animali, il modello della linea sviluppatasi a Canterbury e poi diffusa in Francia e nord Italia, denominata “figuraliter” pone alcuni animali, a cui si attribuiscono caratteri di positività, come simboli della vita e passione di Cristo: la colomba è un classico.

La linea che prende via dall’evoluzione della miniatura tipica dell’alto Reno e dei centri tradizionali come Treviri, Richeneau e Magonza, denominata “Litteraliter” ¹⁷da vita invece a quel bestiario cosi vario e conosciuto soprattutto per l’ornamento delle numerosissime chiese abaziali, pievane, parrocchiali o semplici cappelle che su trovano, alla fine del XIII secolo, diffusissime un tutta Europa.

E’ però utile notare che la moralizzazione di questo universo, porta tutta l’inventiva dei miniatori a sottostare alla figura sacra, qualsiasi essa sia.

Emblematico è l’esempio del Passionario di Citeaux, ( figura contrassegnata con “*”) databile intorno al 1125; in cui la miniatura mostra l’iniziale “P” fa vedere chiaramente come il drago avvinghiato alla doppia colonna, fa da base al santo sovrastante accompagnato da un trionfo di racemi d’essenze arboree forse esistenti, forse inventate, non importa. Quel che davvero conta è che “sotto” alla nuova cultura cristiana persiste la tradizione naturalista che invece sta “sopra”, di nome e di fatto, questo è il messaggio e la motivazione che da risposta al quesito posto sulla presenza di queste creature in un tempio cristiano o sui libri sacri.

Questa gerarchia moralizzata lascia poche eccezioni, ma al contrario raggiunge una efficacia comunicativa rara.

Il salterio del canonico Enrico di Blois,(immagine(***)) ne definisce gli inte ti di memento morì con una presentazione degli inferi fornendo un punto di vista escatologico.

Un brulicante di corpi anneriti inghiottiti dalle fauci di una creatura enorme coadiuvata da piccoli diavoletto dalle sembianze di piccoli draghi.

Questa meta-comunicazione di immagine che leggermente si discosta dal testo, compie una operazione di traduzione del messaggio delle scritture, attualizzandolo.

È un espediente che si ritrova costantemente nelle numerose “bibbie moralizzate” di cui i monasteri maggiori producono in copie per altri piccoli centri parrocchiali o pievani.

Si tratta una nuova forma rispetto a quella conosciuta di stampo ancora arcaicamente carolingio di cui erano dotate le abazie di mezza Europa ed è una tendenza che contamina anche l’architettura: i portali, i protiri, i capitelli, insieme ai cornicioni dell’interno delle chiese o dei castelli talvolta si pone come elemento di memoria atavica delle origini del culto.

Anche l’aspetto dicotomico concorre a che venga ribadito il concetto della lotta bene-male, persino nel tempio in cui ci si aspetterebbe di trovare soltanto derubricato in immagini il concetto, teologicamente inteso di bene.

Il passo successivo alla moralizzazione dei testi figurati a miniatura non poteva essere che varianti di questo modello: il liber Floridia del canonico Lambert-de-Saint-Omer presenta un albero simmetricamente diviso in due rispecchiante gli effetti e i frutti di Bene e male, mentre nei centri monastici settentrionali del Lussemburgo e della Sassonia prendeva vita la miniatura che mirava a tenere insieme scene di antico e nuovo testamento in piccole e ripetute immagini, talvolta anche 5/6per frontespizio.

Esempio di questa rinnovata beste è il messale Ratmann di Hidesheim.

Quale che sia stato il livello di contaminazione fra le diverse arti e quale abbia fornito all’altra elementi di sviluppo, non è possibile pronunciarsi con esattezza. Molto più probabilmente l’andamento del fenomeno mostra aspetti oscillatori dovuti alle circostanze storiche e congiunture particolari come nel caso dell’interruzione della miniatura inglese nel x sec. al tempo delle invasioni normanne.

Questa formula ha poi assunto vari livelli di intensità nella produzione e conservazione dei manufatti decorativi che ha consentito a questi di giungere in una buona parte al XXI sec. con cospicue testimonianze ben conservate altre offese dal passare del tempo.

Tuttavia nel loro mostrarsi parziale, tali testimonianze sono ricordo di un passato in cui i confini fra sacro e profano si mostrano costantemente labili oppure, ricalcando un pensiero di Gilbert de la Porè e di teodorico di Chartres, ripreso successivamente dal Pulci e dal Ficino, con alcune ineludibile differenze, esse non sono un confine reciproco verso l’altro, ma piuttosto due facce di una stessa medaglia che tengono insieme vizi e virtu che coesistono nella medesima dimensione, tanto nel mondo cosi come dentro ogni uomo.

Occorrerà che Pico della Mirandola e il suo capolavoro “De hominis dignitate” pongano una visione onninclusiva di questi caratteri nella figura umana, condizionando il pensiero e generando un effetto cangiante anche nel climax delle miniature a venire.

Ma qui inizia un’altra storia.

LUCA NAVA