TARWUK: ANTE MARE ET TERRAS ALLA COLLEZIONE MARAMOTTI

Un’opera in mostra, fonte immagine: press kit area stampa Collezione Maramotti

REGGIO EMILIA. Ante mare et terras è la prima mostra personale in Italia di TARWUK (Bruno Pogačnik Tremow e Ivana Vukšić, artisti croati con base a New York), ed è costituita da quattro sculture di grandi dimensioni e da una serie di disegni presentati tra la Pattern Room e una lunga parete all’ingresso della Collezione Maramotti.

La scultura Tužni Rudar (2018) è stata concepita da TARWUK come opera iniziale del progetto e come prima fase di un processo di metamorfosi che si sviluppa attraverso le altre tre sculture/situazioni sceniche presenti in mostra.

La costante elaborazione della figura umana – delle sue molteplici possibilità di esistenza e della qualità espressiva fluida del corpo – rappresenta il risultato formale di un inabissamento, di una profonda ricerca sull’identità e sui segni che memorie e tensioni inconsce imprimono sui corpi, modellandoli fisicamente.

Nelle opere mutaforma di TARWUK, in equilibrio tra essere e divenire, coesistono diversi livelli e stratificazioni di tempi e materiali. Le sculture sembrano originarsi da un passato archeologico e totemico denso di frammenti e reliquie che, filtrato attraverso una riflessione presente al contempo soggettiva e universale, le trasforma in tormentate creature fanta-futuristiche e potenzialmente distopiche.

Nati nella Jugoslavia socialista e cresciuti nei Balcani nel periodo della guerra d’indipendenza della Croazia (1991-’95), i due artisti che formano TARWUK considerano le loro sculture luoghi simbolici di perdita e conflitto soggetti a dissezione anatomica, ma anche organismi che racchiudono, in potenza, una dimensione di rigenerazione e rinascita: tra i materiali di scarto tecnologici e i segni di una devastazione affiorano le tracce di una bellezza e di una possibilità di trascendenza.

Anche il disegno è essenziale nella pratica di TARWUK, seppure solo di recente sia uscito da una dimensione sostanzialmente privata per trovare uno spazio di condivisione pubblica. Tutte le opere su carta esposte in Collezione sono state realizzate nel 2020, in un periodo di forte limitazione durante il quale gli artisti non potevano raggiungere il loro studio. Intesi non come elementi preparatori, ma come forme espressive pienamente autonome, i disegni di TARWUK appaiono onirici e immediati, accolgono echi simbolisti e del secessionismo viennese di fine Ottocento-inizio Novecento, un periodo in cui gli artisti ritrovano un equilibrio, un momento di sospensione fra tensioni opposte – morte e bellezza, decadenza e decorazione – verso il quale tendere.

Nella ricerca di TARWUK si intrecciano e si contaminano diversi media e modalità espressive: scultura, pittura, disegno, performance, costumi, oggetti scenici e editoriali sono attraversati con grande libertà in una forma d’arte completamente interconnessa alla vita dei due artisti, che si sono considerati un’unica entità a partire dal momento in cui si sono immersi, insieme, nell’investigazione dei confini del Sé.

Sperimentazione, disvelamento, processualità, ritualità e trasformazione guidano la loro ricerca, con un’attenzione particolare agli elementi marginali e al loro potere significante.

Il loro studio è un laboratorio in cui, oltre alle contaminazioni tra la materia e l’immaginario, si dà forma al legame, alla condizione indivisa e in costante mutazione chiamata TARWUK e che rappresenta, in fondo, l’Opera.

In occasione della mostra è stato pubblicato un libro con un testo di Mario Diacono e una conversazione fra Bob Nickas e TARWUK.

FONTE. Testo e foto, inseriti al solo scopo di presentare l’evento: press kit area stampa Collezione Maramotti.