DECORAZIONE E ORIENTAZIONE: IL CICLO BUSTROFEDICO DI S.GIMINIANO FRA ALTO E BASSO MEDIOEVO

Lippo e Federico Memmi, Scene del nuovo testamento, fonte Wikipedia, pubblico dominio

SAN GIMINIANO. Risulta interessante osservare, nell’ambito del discorso relativo agli edifici sacri (ma il discorso è estendibile anche a luoghi non sacri), e alla polarizzazione degli spazi mediante decoro, il ciclo affrescato della collegiata di S. Maria Assunta di S. Giminiano.

Dipendente dal vescovo di Volterra, la collegiata è officiata( secondo i documenti di archivio visionati) all’epoca in cui la si sta considerando, ossia fra XII e III secolo, da un capitolo di canonici secolari e assistiti da una congregazione di cappellani, anche se questa condizione è marcata da forte discontinuità.

Nel secondo quarto del XIII secolo, l’orientamento dell’edificio fu invertito, cosi che la facciata si rivolgesse verso la piazza della città, in diretto rapporto con il palazzo del podestà, ossia la sede del potere civile.

A dispetto della regola dell’orientamento , la collegiata fa dunque parte di quei rari edifici occidentati, e questo costituisce un forte indizio di scostamento nella concezione del sito.

Le modifiche, con la conseguente demolizione delle absidi della chiesa che sorgeva precedentemente, ha però lasciato traccia nella nuova chiesa a tre navate e nella posizione delle porte un facciata che, in planimetria, coincidono esattamente con la posizione delle ex absidi.

L’orientamento della nuova chiesa trova però una più ampia ragione di interesse nel ciclo affrescato internamente che, riguarda la narrazione del nuovo testamento e che occupa sei campate del setto destro della navata centrale. Per lungo tempo questa opera è stata data alla mano di Barna da Siena, rientrante frà il 1350-55.

Studi recenti hanno poi dimostrato che la presenza di Barna a Siena in quegli anni è stata erroneamente creduta a causa di una errata lettura di documenti di archivio.

Più puntualmente oggi il ciclo è attribuito a Lippo Memmi, discepolo di Simone Martini, e riferito agli anni 1340-43.

Il setto murario nord sarà invece decorato una ventina di anni dopo con scene dell’antico testamento da Bartolomeo di Fredi.

Con tale disposizione la collegiata si inserisce in un ambito di similitudine e legame prestigioso modello di S.Pietro in Vaticano.

Il giudizio finale segna uno scarto cronologico ulteriore rispetto alle pareti : ilgrande affresco è datato 1400 e di mano di Taddeo di Bartrolo ed è posto, come tradizione vuole fin qui, in contro facciata. Si noti come, pur occupando la parte orientale dell’edificio, si sia scelto proprio di ubicare qui il tema riservato tradizionalmente e simbolicamente alla parte occidentale.

Non è un dato da trascurare l’ambito nel quale nascono queste pitture, le quali influenzeranno il carattere narrativo delle affrescature di Giovanni da Modena nella cappella Bolognini di S. Petronio, ma ancor prima cronologicamente nelle imprese dei Lorenzetti e degli artisti a loro affini, soprattutto per quel che riguarda l’irreggimentazione delle scene in comparti di proporzioni e disposizione spaziale, con modalità di lettura virata in senso tematico.

Il ciclo di nostro interesse, quello neotestamentario comporta di ventisei scene: sei per l’infanzia di Cristo, dalla annunciazione passando per la nascita alla fuga in Egitto, sei per la vita pubblica, da Gesù fra i dottori alla resurrezione di Lazzaro, e quattordici per la passione fino All’ascensione.

Un cosi alto numero di scene riservate alla passione è una costante nelle rappresentazioni cicliche del basso medioevo, per contro, la contrazione dell’infanzia, e l’ampiezza della vita pubblica, valorizzata nei cicli dell’alto medioevo, assomigliano qui alla volontà di evocazione di un certo arcaismo, non scevro da citazioni e assimilazioni del modello romano citato.

Il percorso di lettura bustrofedico “irregolare” consente di rilevarne tutte le particolarità, cominciando dal registro superiore formato da sei”vaste lunette ogivali, con senso di lettura da dx a sx, al contrario di quanto accade nell’andamento di scrittura occidentale.

Al registro sottostante la lettura prosegue in senso inverso, da sx a dx, ma lo spettatore deve fare attenzione a non far seguire alla fuga in Egitto, la scena dell’ Ascensione, posta immediatamente sotto.

Per riprendere la consequenzialità narrativa, con Cristo fra i dottori, è richiesto un salto che conduce lo sguardo fino alla quarta campata, a dx della grande Crocifissione.

Si incontrano a questo punto una ruvidità nel fluire dell’occhio nella lettura, dovute appunto alle due principali “irregolarità” del ciclo: la presenza di una Crocifissione, diremmo cosi, “espansa”, e il fatto che il registro mediano consente la lettura solo a partire dal suo mezzo.

Al contrario, il terzo registro sottostante, la lettura si lega al termine della precedente senza turbare la logica narrativa con altre deviazioni dal percorso, ripetendo il tragitto da dx a sx.

La vasta crocifissione si integra questa volta nel percorso narrativo, restano da collegare le ultime quattro scene della sesta campata, da leggere da dx a sx cominciando dalla scena della discesa nel limbo e terminando in quella scena superiore della resurrezione e ascensione.

In questa fase viene meno il principio bustrofedico me ci si potrebbe chiedere se l’intero ciclo non possa esserne irrimediabilmente condizionato.

Quali i motivi di numerose deroghe al principio Bustrofedico?

Una chiave di lettura che si propone in questo articolo da parte di chi scrive è quello della proposta di virare dall’asse narrativo cronologico a quello tematico, leggendo trasversalmente le scene campata per campata.

Importante e apparentemente non discriminante, è la lettura del ciclo dal vivo: la fisicità dell’esperienza della lettura fatta di persona comporta lo spostamento avanti e indietro lungo la navata della chiesa, e questo consente, insieme al ritmo della lettura e della camminata proporzionata alla velocità di assorbimento dell’immagine, di godere del grande equilibrio insito nell’impresa dell’autore.

La lettura trasversale che propongo è probabile che fosse effettivamente una abitudine delle genti di quei secoli: le cinque scene di ciascuna campata possono essere abbracciate e ricomprese in un unico sguardo, da uno stesso punto di vista, e il trattamento unificato della lunetta che le sormonta sembra indurre tale percezione.

La prima campata è certamente la più complessa. Si osserva l’entrata in Gerusalemme che occupa lo spazio di norma concesso a due scene, per cui è necessario spiegare tale estensione, che rompe la regolarità del ciclo.

Non si tratta di una devianza unica e isolata, tanto che nella stessa chiesa un fatto analogo si riscontra in facciata opposta con la scena del passaggio del mar rosso, allo stesso modo sdoppiato.

La lettura preminente di questa disposizione potrebbe derivare dal fatto che l’entrata in Gerusalemme segna l’inizio del ciclo della passione: disposizione appare anche in opere precedenti quali la maestà di Duccio, insieme a un arcaismo figurativo e iconografico maggiore che spesso è stato riferimento di Lippo Memmi.

Eludendo l’erronea interpretazione di ripresa passiva di modelli collaudati, lo sdoppiamento dello spazio, l’Entrata in Gerusalemme risponde a una logica di insieme della campata, estendibile anche alle successive.

Fulcro sono, come anticipato, le associazioni tematiche delle scene. La sovrapposizione fra la scena della annunciazione e la cena, può essere significativa, poiché l’eucarestia rende manifesto il corpo salvifico di Cristo fra gli uomini, reiterando cosi l’azione di epifania come atto primi nella visitazione e nel ventre di Maria. Ma in questo confronto, la similitudine non è cosi immediata.

Una relazione di antitesi è la scena del pagamento di Giuda dei denari e dell’ultima cena e ciò tanto più negativamente quanto più è stridente l’accostamento alle scene precedenti: a destra il traditore riceve il boccone da Cristo, a sinistra riceve i trenta denari ( la sx è connotata di negatività, da dx di virtù).

Gesù offre vita gratuitamente, Giuda è pagato (apparentemente guadagna, ma subisce l’azione di “essere pagato”, prolessi del fatto che non sarà ripagato per questo)per toglierla. E’ fra l’annunciazione e l’Entrata in Gerusalemme che Memmi si prodiga in una tessitura tematica fatta di densi legami, legando i due momenti della venuta del salvatore: “adventus Christi” tramite la sua entrata nella carne mediata dall’annuncio e incarnazione appunto,e il secondo momento, dell’entrata nel registro inferiore, nella città santa.

Il parallelismo voluto non è subito evidente (ma lo diventa, nella visione dal vivo ancora di piu), tuttavia la facilità di lettura delle scene in questo senso risulta di grande conforto.

Si osserva un’eco del gesto dell’angelo annunciante e la benedizione di Cristo, mentre a dx appaiono coloro che accolgono Gesù, con agitazione e “conturbatio” della vergine, a sx l’agitazione degli astanti la porta di Gerusalemme appare indebita. Alcuni si svestono per porre mantelli ai piedi dell’asino, uno di questi personaggi travalica addirittura il registro di confine della scena passando nell’altra.

Questo sconfinamento della bordura ornamentale per deporre il mantello, chinandosi quel tanto che basta affinché questo gioco compositivo possa attuarsi, sottolinei una volontà di rottura della rigidità degli sguardi (anche sulla realtà dei rapporti e dei sentimenti) che accompagnano la scena o le scene di vita.

Nell’annunciazione, lo spazio che ospita L’angelo e Maria è suddiviso in due nello sfondo: a dx dietro l’angelo c’è sipario basso, a dx dietro Maria si apre una scena piu ampia. Contrappunto aperto/chiuso credo possa essere ( confrontando altri cicli nelle chiese senesi con medesimi caratteri) letto come un dischiudersi al simbolismo come “apertura” di Maria al consenso della volontà divina, senza contraddire alla metafora della “porta chiusa”evocata sulla scorta di Ezechiele v.44.

Mentre l’entrata in Gerusalemme suggerisce allo sguardo una presenza de scene distinte, ma di fatto riunite, l’Annunciazione è corpo unico, nondimeno divisa da una interna struttura :allusione metaforica dell’essenza duale delle realtà materiali e spirituali(?)

Nel complesso, il filone narrativo di questa campata (ma il discorso vale con intensità variabile anche per le altre), gode di una coerenza non cronologica ma tematica, basata su associazioni che non eludono per altro la pertinente collocazione e orientazione della stessa nell’edificio, fondata sulle specifiche tipologie di relazioni messe in gioco.

Si osserva la giunzione, forse paradossale in alto, tramite un’entrata leggibile come superamento nel registro mediano, e in basso,una separazione, quasi si trattasse di dividere giusti o dannati per le azioni dettate da libero arbitrio.

Altresì la lettura di questa campata assume grande valore simbolico considerandone la collocazione e orientamento in prossimità di una delle porte della collegiata, la quale costituendo una soglia fra la dimensione della mondanità e quello sacro, crea un legame diretto con l’Annunciazione e il suo valore metaforico di incarnazione del divino nell’umano.

Corpo e spirito sono in questi anni ripresi nella loro dualità, nel dibattito fra agostiniani e Tomisti; se per Agostino “ego animus” definisce l’uomo e la donna, per il temiamo, Corpus et animus costituiscono più propriamente l’umano radicato nel divino.

Siccome l’umano, pur essendo potenziale ambito di realizzazione di santità, è pure sempre anche carne (Summa Cuntra gentiles. S.sTomas dux) soggetta alle naturali invettive del desiderio e della concupiscenza, la metafora della opportunità che la “porta resti CHIUSA” e a quella concreta che questa invece si apra, suona come un monito al mondo femminile di allora, come ora e a una responsabilizzazione della custodia tanto del corpo, quanto tempio dello spirito.

Il ciclo pittorico si inserisce sull’impostazione architettonica che privilegia affrescature ampie, sfruttando i grandi setti murari della matrice romanica dell’edificio, coniugando con l’eleganza e lo slancio delle volte ogivali, già pienamente gotiche anche per quel che riguarda le decorazioni secondarie.[…]

LUCA NAVA