“INSIEME AL MONDO PIANGERE, RIDERE, VIVERE”: UN NEON ARTISTICO DI 20 METRI DI DUSI

L’insegna collocata sulla loggia del Palazzo Comunale di Bagnacavallo

BAGNACAVALLO. Resterà patrimonio della città e continuerà a illuminare fino a gennaio la loggia del Palazzo comunale la scritta al neon lunga 20 metri “Insieme al mondo piangere, ridere, vivere”. Realizzata da Fabrizio Dusi in occasione della personale che il  noto “visual artist” lombardo ha presentato al Museo Civico delle Cappuccine fino alla chiusura anticipata a causa del lockdown, essa rappresenta, commenta l’assessore alla Cultura Monica Poletti: «un messaggio forte che vogliamo rivolgere ai cittadini attraverso l’arte contemporanea. Nei momenti di difficoltà sono necessari coesione, spirito di solidarietà, volontà di comunicare e comprendersi anche oltre le barriere e le chiusure. Si tratta di un’opera d’arte pubblica che testimonia perfettamente questo periodo storico».

«La mostra – spiega il direttore del Museo Diego Galizzi, curatore della mostra con Chiara Gatti – ha voluto essere un progetto in sintonia col nostro tempo, e questo credo sia un aspetto fondamentale in primo luogo perché l’arte è innanzitutto espressione e interpretazione dell’oggi». Un nucleo importanti di lavori recenti e appositamente realizzate per l’occasione, oltre a varie installazioni “site specific” come quella collocata nel cuore cittadino. ha toccano argomenti di grande attualità, come il distanziamento e, viceversa, il desiderio di tornare a riabbracciarsi.  A partire dal celebre ciclo “Bla Bla Bla” in ceramica smaltata, personaggi dai profili pop circondati da bollicine di parole vacue. Altri neon (fra cui una grande sagoma luminosa dell’Italia) realizzati ad hoc per la mostra, dedicati in questo caso alle geografie toccate dal virus e allontanate fra loro da una politica di frontiere chiuse, si sono alternati a una sequenza di dipinti su coperte isotermiche (allusione al tema degli esuli e dei migranti), con le regioni italiane unite da una sorte globale, pur nel dramma dell’isolamento.

Artista, pittore e ceramista, che spazia fra vari linguaggi, dalla scultura alle installazioni al neon, Dusi lavora da anni su temi legati alla storia collettiva e alla contingenza, dalla Shoah ai migranti, toccando sfumature esistenziali affidate ai versi di grandi scrittori del Novecento, come Vittorio Sereni, Antonia Pozzi, Primo Levi.   

Perché questa mostra, gli chiediamo, ha voluto essere occasione «per riportare l’arte alla sua originaria funzione sociale e pedagogica»?

«Mi piace  usare un linguaggio comprensibile, immediato, che deve andare oltre il tempo perché i temi trattati devono essere riconosciuti da tutti. Ecco perché per esempio uso come materiale anche il neon per rafforzare parole o messaggi quasi come degli spot pubblicitari. Non è la prima volta che uso della frasi tratte da poesie . Per esempio è ancora in corso un lavoro presso il passante ferroviario di Porta Garibaldi a Milano i “due passeggeri”, con frasi tratte da poesie di Antonia Pozzi e Vittorio Sereni. E sempre a Milano “Don’t Kill” presso la Casa della Memoria con frasi tratte da poesie di deportati e frasi di Liliana Segre e Primo Levi».

In che maniera pone al centro del suo lavoro il tema dei drammi causati dall’isolamento (determinato dalla pandemia così come dalla chiusura delle frontiere)?

«Direi che l’elemento della coperta termica usata come tela per dipingere dovrebbe riassumere in se ogni dramma della sofferenza. Viene usata per i soccorsi stradali , in mare ect. Per me è simbolo di protezione che ti avvolge. Il lato oro aggiunge poi un valore simbolico in più. Basti pensare agli sfondi delle tavole medievali o agli stessi mosaici di Ravenna. Il neon rosso “Italia” esprime in sintesi l’isolamento che abbiamo dovuto subire all’inizio della pandemia perché primo paese a subirlo dopo la Cina. Ma poi la stessa “Italia divisa” ove ogni regione è rappresentata da sola e in ordine casuale emblema stesso delle diverse visioni all’interno dello stesso perimetro nazionale. In particolare l’opera al neon “Liberi”, appesa inclinata con un filo, riassume in sé la fragilità della nostra condizione e come la nostra vita è stata, ed è tutt’ora, condizionata. Non ha caso è stata tra le più fotografate e postate sui social».

AUTORE: MARCELLO TOSI