IN-CAUTE TRAME: ZIANNI ALLA GALLERIA SPAZIOCIMA

F. Zianni, I’m looking for the Man, 2019, fusione a cera persa, bronzo, 17 x 10 x 20 cm, courtesy of the artist

ROMA. Domani, alle ore 18.30, la Galleria SpazioCima, in via Ombrone 9 a Roma, inaugura la stagione espositiva con un nuovo appuntamento irrinunciabile con l’arte. In-caute Trame è infatti l’ultima fatica artistica di Federica Zianni, giovane scultrice romana, vincitrice 7° edizione di Arcipelago 2023, della sezione Scultura MArteLive 2022 e di innumerevoli altri riconoscimenti come Arte Laguna Prize, Exibart Prize e Premio Arte La mostra, a cura di Roberta Tosi, sarà visitabile dal mercoledì al venerdì dalle ore 15:30 alle 19:00, il sabato dalle ore 16:00 alle 19:00, fino al 21 ottobre.

“Ed è così – scrive Tosi – che intrecci, reticoli astrali, trame dell’essere attonite e inquiete si aprono come segni e presenze di segni ancestrali, quelli che appartengono all’anima e lì restano a tratti inespressi, altri trovano la via coraggiosa della materia che si piega o combatte.

Tra le mani di Federica Zianni si muovono, si ergono raffigurazioni ardite suscitate dall’incontro o scontro con la realtà, colta nell’intimo della sua inespressa essenza. In fondo raffigurare significa “mettere in figura”, ovvero rappresentare nell’allegoria, o simbolicamente, il reale da cui non si fugge e non ci sono sconti, né facili risoluzioni.

Da questo incontro sempre generativo dove i contrasti diventano singolarità, teatri d’ombre e di luce che si dibattono e gridano la loro lotta con la vita, nascono opere come paradossi, quasi fossero scherzi del destino che interrogano e disturbano se l’esistenza diviene solo un facile attraversamento dei giorni.

Ma l’arte, quella vera non appare mai un mansueto attraversamento: «Nessuna opera regge se dentro di sé non ha tutto il pathos e tutta la sofferenza dell’autore. (…). Né video art, né body art, né concettuale art, acephal art, squallida art, fecal art. Nessuna comic art o ethnic art. Solo un eterno punto interrogativo inchiodato al cielo.», ha scritto Claudio Parmiggiani.

Quel punto interrogativo è anche ciò che scuote la ricerca di Zianni quando la raggiungono le sue improvvise apparizioni, sul finire del giorno. Scende allora l’artista, scende e risale la scala preziosa dell’esistenza, la sua Scales, quasi fosse la scala biblica di Giacobbe, ne cercasse l’accesso o ne togliesse la pelle, di più, le squame. Come fossimo anche noi creature che si dibattono, tra terra e acqua, anche cielo, e forse è così. Quasi cercasse le «immagini spettrali a strati sovrapposti sino all’infinito, avvolte in membrane infinitesimali» di Balzac, sedimentando tessiture di vita e interrogandosi costantemente sulle sue forme, su ciò che è e, soprattutto, non è.

Il percorso è lungo, un parto nel tempo accolto quando ancora Federica muoveva i primi passi nell’arte e dunque nella vita, per giungere a materia e sostanze in continuo affanno tra loro, sospinte da forze centripete che stringono, avvolgono, proteggono. Anche la scelta dei materiali, che non è mai un caso, si scopre a tratti duttile, docile, arrendevole come camere d’aria e lacci emostatici, altri potente e salda, come bronzo o legno. L’intreccio di forze contrastanti, l’insaziabile scelta del controcanto cromatico come il nero, nel profondo che tutto trattiene, e l’oro, icona che spalanca e apre, creano un equilibrio che riassume e ritrova l’istinto al viaggio archetipico. Non potrebbe essere che così quando, faccia a faccia, come di fronte a uno specchio che non riflette ma evoca, si chiede: Who are you? Interrogativo che cela tra le pieghe, ciò che non rivela: “Who am I?”. O ancora, il suo I’m looking for the Man, bronzo teso e aggrovigliato dell’anima che non si arrende e si protende come un Diogene con la sua lanterna, a cercare l’Uomo, l’essere umano stesso e la sua verità. Una ricerca inquieta, perché inquieta è la realtà che viene assoggettata ai propri desideri o bisogni ma rimane lì come quella spada, risoluta a cedere e a risvegliare le coscienze. Appesa quasi per errore, pronta al minimo sussulto, Restless of Democles è questo monito a cui fa quasi da eco In case of emergency. C’è sempre un’emergenza che impone la sua evidenza e ci scopre a volte fragili, sulla soglia, nell’oro e nel nero, tra trame d’aria e di respiro.

Trame che si scoprono Reticulum, grandi e piccoli, e tornano, tornano sempre. Linee sovrapposte che imbrigliano il pensiero, lo celano al sentire distratto, pieghe oscure che trattengono la luce per non schiuderla a chi non ne è degno. Il movimento diventa costante, l’inseguimento infinito e bussa alle porte dell’Io e al mistero di ciascuno, anche a costo di svuotarne la custodia per accedere a una semente incapace di generare. Cosa resta di un melograno che non produce più frutto, paradigma di una vita in cui si è donato tutto?

S’intrecciano fili, si avvolgono reticoli che chiedono, no esigono, il contatto, pelle a pelle, perché l’arte o è in questa totalità o non è. Federica Zianni lo afferma, senza reticenze: nella bidimensionalità si sente soffocare. Così spodesta la mano dalla sua quiete e oltrepassa il vuoto, quello che resta attorno alle opere, lo spazio necessario perché l’arte avvenga, si compia l’incontro e ci sia il lungo succedersi dei momenti, uno dopo l’altro. Laddove il mondo accelera, l’arte sospende, chiede tregua, trattiene lo sguardo per inabissarsi nello spirito e trovarne l’accesso. Se questo avviene, allora ci sarà la possibilità di cambiare rotta, tagliare i cordoni che imbrigliano, le cravatte al collo che imprigionano ma, al contempo, sciolgono i fili incostanti dei giorni e si appuntano al chiodo come memento. E allora, tutto questo non sarà stato invano”.

La mostra di Federica Zianni, In-Caute Trame, inaugura il 26 ottobre presso la Galleria SpazioCima di Roma e si protrarrà fino al 21 ottobre.

ROBERTA TOSI