LE RICERCHE ESPRESSIVE DI MERLIN JAMES E MARIE COOL FABIO BALDUCCI ALLA GALLERIA P420

Un particolare dell’installazione di James

BOLOGNA. Gli spazi della Galleria P420 (Via Gardino 9) ospitano la doppia mostra personale del pittore Merlin James (Cardiff, 1960) e di Marie Cool Fabio Balducci (Valenciennes, 1961 e Ostra, 1964).

Questo il comunicato stampa ufficiale:

Installata nella prima sala della galleria, la mostra di Merlin James, gallese di nascita e scozzese di adozione, presenta se stesso attraverso una dozzina di dipinti di vari periodi da cui emerge, come fa notare Davide Ferri che ha scritto un testo per la mostra, qualcosa di simile alle serie, serie aperte, inconcluse, in costante divenire, che si riconfigurano e rilanciano reciprocamente anche per via
dei contrasti e dell’apparente eterogeneità.

Nei suoi lavori possono incontrarsi e sovrapporsi richiami alla pittura di genere e un citazionismo colto, una figurazione semplice, abbandonata, e le contraddizioni di macchie e segni più ambigui che possono incorporarsi all’immagine, o sfuggirle, complicandone e aprendone la lettura.

Le sue tele sembrano sempre alle prese con qualcosa di storto: telai leggermente irregolari, tagli, buchi, ferite, cuciture, innesti di materiali eterogenei, caso. Ma libertà, in arte, non è fare ciò che si vuole – per citare Luca Bertolo e Sofia Silva in un testo del 2017 su Merlin James – ma scoprire di volere ciò che si è fatto. Fare, senza sapere esattamente cosa, buttarsi e poi scegliere, strato dopo strato, scelta dopo scelta, caso dopo caso.


Nella seconda sala della galleria, e per la verità già dalla zona degli uffici, incontriamo i lavori di Marie Cool Fabio Balducci. Proveniente Marie dal Nord della Francia e dalla danza contemporanea e Fabio dalla provincia di Ancona nonché dalle arti visive e dal cinema, i due hanno cominciato a lavorare insieme nel 1995 mettendo a punto un corpo di lavori difficilmente definibile o inseribile nelle classiche categorie dell’arte.


Fatte di azioni che non chiamano performances, di oggetti che non chiamano sculture e di opere su carta
che non chiamano disegni, le opere di Marie Cool Fabio Balducci utilizzano oggetti quasi sempre provenienti da fallimenti di Società o riduzioni di organico (tavoli, scrivanie dirigenziali, matite svendute, fotocopiatrici…) che vengono impiegati in una serie di azioni, il più delle volte eseguite dalla stessa Marie.

Gli oggetti, ormai esclusi dal ciclo produttivo, liquidati, emarginati, ricordi della produttività che
fu, vengono riattivati da azioni semplici, lente, iconiche, che innescano una complessa riflessione politica, sociale ed economica di grande attualità.

NOTA. Testo e immagini: courtesy Galleria P420